Presentazione degli orientamenti metodologici

Per venire incontro alle esigenze di tutti,  gli appuntamenti saranno dislocati nel territorio diocesano, fatta salva la possibilità, per ciascuno, di partecipare nella data e nel luogo più congeniali.

Leggi la lettera di invito.

Lettera invito fase sapienziale

 

Vescovi e referenti diocesani del Sinodo riuniti insieme. “In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Passi verso il discernimento”

Dal 22 al 25 maggio si è svolta a Roma la 77a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale italiana, dal titolo : “In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Passi verso il discernimento”. L’assemblea è stata, questa volta, aperta ai referenti diocesani per il cammino sinodale provenienti da tutta Italia, un momento di confronto in vista dell’elaborazione delle Linee guida per la “fase sapienziale”, Milena Libutti e don Giuseppe Vagnarelli hanno partecipato per la diocesi di Palermo.

Papa Francesco, il 25 maggio, ha rivolto a tutti i partecipanti il suo saluto e incoraggiato il cammino sinodale ad andare avanti.

 

II Anno del Cammino Sinodale

Il Cammino Sinodale è proseguito in questi giorni nel II, nel IV, nel V e nel VI dei vicariati della nostra Diocesi,  nell'incontro con i parroci e con coloro che hanno il compito di coordinare i gruppi sinodali. Tanto entusiasmo e passione per proseguire insieme il cammino, mentre ci apprestiamo a vivere il tempo liturgico della Quaresima. Come ha ricordato nel suo Messaggio il vescovo Corrado: "Una Chiesa sinodale è innanzitutto una Chiesa dal timbro penitenziale, consapevole di dover ‘ri-volgere’ il proprio sguardo a Dio e ‘ri-tornare’ ad accovacciarsi ai piedi di Gesù per essere trasfigurata dallo Spirito, conformata al suo Signore e Maestro e inviata ancora agli uomini e alle donne di questo nostro tempo".

Quaresima Pasqua 2023

Sussidio proposto dall’Ufficio Liturgico Nazionale, in collaborazione con il Settore Biblico dell’Ufficio Catechistico Nazionale, il Servizio Nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità e la Caritas Italiana.

“Piccola scuola di sinodalità” di Fscire - Il 12 febbraio la lezione di mons. Corrado Lorefice.

Chiesa accogliente, chiesa povera 

Prolusione di Cettina Militello, presidente della Società italiana per la ricerca teologica
Francesco Zaccaria, parroco di Savelletri-Fasano – Chiesa accogliente, chiesa plurale
Corrado Lorefice, arciv. di Palermo Sinodalità e povertà della chiesa

https://www.fscire.it/school/piccola-scuola-di-sinodalita

 

CAMMINARE CON I GIOVANI

Camminare con i giovani

Pietro Piro[1]

 

SOMMARIO: 1. Memorie di giovinezza; 2. Provare ad essere l’adulto che avrei voluto incontrare da giovane; 3. I giovani non esistono; 4. Sul carattere peculiare dei giovani d’oggi; 5. Problemi “nuovi” e problemi “vecchi” della condizione giovanile; 6. Il  consumo di crack; 7. Sull’urgenza di un sapere sinodale; 8. Educare a pensare con la propria testa; 9. Giovinezza del Vangelo; 10. Conclusioni.

 

I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite. A noi adulti costa ascoltarli con pazienza, comprendere le loro inquietudini o le loro richieste, e imparare a parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono.

Papa Francesco, Evangeli Gaudium, 105.

 

Carissimi Fratelli,

il breve preavviso con cui ho ricevuto questo invito alla vostra Assemblea,[2] mi permette solo di fare appena accenno ad alcuni argomenti. Tuttavia, ho accettato con enorme gioia questa opportunità, perché la ritengo una vera occasione di dialogo e di confronto. Ringrazio tutti coloro che hanno voluto che oggi io fossi qui con voi.

Mi permetto anche, di ringraziare il nostro Arcivescovo Corrado Lorefice, al quale sono legato da sentimenti filiali. Oggi faccio memoria dei volti dei tanti giovani che ho incontrato in carcere, nei dormitori, nelle comunità di recupero e di accoglienza, nella scuola, nell’università, nei campi nomadi, nella Biblioteca e nelle strade del mondo. Essi sono vivi in me. Spero di essere vivo in loro.

 

  1. Memorie di giovinezza

Prima di entrare nello specifico del nostro tema, mi concedo un ricordo personale. Un ricordo di giovinezza. Nel 1999, quasi vent’enne, frequentavo il primo anno dell’Istituto di Scienze Religiose “Italo Mancini”[3] ad Urbino. Mancini era morto nel 1993 ma sua presenza era ubiquitaria. I suoi allievi si riferivano continuamente al suo magistero e i suoi testi erano spesso citati e ripresi. Fu attraverso Mancini che, per la prima volta, sentì parlare di Dietrich Bonhoeffer.[4] La vita all’Istituto era regolare e impegnativa. Il clima impegnato ma sereno.

Si alternavano lezioni ordinarie, seminari e incontri di studio. La mia giovinezza mi portava a considerare tutto quello che facevo come normale e quotidiano.

Era dunque normale per me sentire commentare San Paolo da Settimio Cipriani,[5] conversare di Islam con Khaled Fuad Allam,[6] ascoltare la voce rauca di Paolo De Benedetti[7] e le battute d’incredibile ironia e profondità di Reginald Gregoire.[8]

Fu all’Istituto che ebbi la fortuna di conoscere Aldo Natale Terrin[9] che, attraverso la storia delle religioni, mi permise di sperimentare direttamente la vita monastica in un monastero buddhista zen, di pubblicare il mio primo articolo,[10] di viaggiare insieme a Friburgo (fu la prima volta che misi piede fuori dall’Italia a venticinque anni).

In quegli anni, ero un giovane assetato di sapere, speranzoso, curioso. Ma anche fragile, insicuro, malfermo. Ogni mattina, incrociavo lo sguardo severo ed impassibile di quel cristiano critico[11] che fu Carlo Bo,[12] mentre attraversava i banchi di nebbia di Urbino con un impeccabile mantello nero, cappello e sigaro toscano.

In quegli anni di giovinezza, ebbi la fortuna di ascoltare decine di filosofi, teologi e storici delle religioni. Solo adesso, dopo vent’anni, mi rendo conto che in quella normalità,[13] in quel quotidiano e spicciolo susseguirsi delle ore consuete, non vi era nulla di normale. In realtà, si trattava di un ambiente culturale straordinario, con una densità che non ho mai più rivissuto.

È in quegli anni di giovinezza, che si è formato “lo zoccolo duro” della mia formazione religiosa. In quegli incontri straordinari e unici, in quell’ambiente di vita consueto e irripetibile.

  1. Provare ad essere l’adulto che avrei voluto incontrare da giovane

Perché vi racconto queste cose? Perchè sono convinto che se vogliamo accostarci ai giovani di oggi, dobbiamo necessariamente partire da un esercizio. Dobbiamo riportare alla memoria la nostra stessa giovinezza.

Chi abbiamo incontrato? Quali libri abbiamo letto? In quali ambienti culturali si è sviluppato il nostro pensiero? Sono certo che se facciamo questo esercizio, ci renderemo conto che se siamo qui – oggi – sé avete deciso di diventare presbiteri e diaconi, è perché durante la vostra giovinezza avete fatto degli incontri decisivi. Incontri che vi hanno permesso d’indirizzare il vostro cammino.

Ovviamente, non tutti gli incontri della giovinezza sono positivi. Anzi, probabilmente, abbiamo incontrato anche tanti adulti insensibili, violenti, conflittuali. Adulti che invece d’indirizzarci ci hanno confuso, ci hanno sviato, ci hanno fatto perdere slancio. Adulti che hanno provato ad annichilire la nostra Speranza. Io ne ho incontrati tanti. Purtroppo ne incontro tanti anche oggi.

Per questo motivo, proprio in base a questa grande differenza di qualità, noi oggi, grazie alla libertà che scorre nelle nostre vene, potremmo provare ad essere gli adulti che ci sarebbe piaciuto incontrare da giovani.  Mi rendo conto che non è facile. Tuttavia, se si supera un freddo conformismo, ognuno di noi può provare ad essere quell’adulto che sperava d’incontrare e che non ha mai incontrato, oppure, provare ad assomigliare a quei maestri che tanto bene ci hanno dato e per i quali, ancora oggi, proviamo un debito di gratitudine. Noi, potremmo, in uno sforzo di libertà che ci rende autonomi, provare ad essere profondamente noi stessi.[14] I giovani che ho conosciuto hanno un fiuto eccezionale nel riconoscere la differenza tra chi predica una morale e chi, invece, la incarna.[15]

In gioventù, c’era un tipo d’uomo che cercavo di evitare come la peste: l’avaro di parole e di sentimenti. Oggi cerco di essere un adulto accogliente, generoso nella parola e nei sentimenti. Solo il tempo sarà in grado di dire sé si tratta di una scelta efficace.

  1. I giovani non esistono

Nell’ottobre del 2019, scrissi una recensione al volume Che fine ha fatto il futuro? Giovani, politiche pubbliche, generazioni della sociologa Marina Pastropierro.[16]

In quell’occasione, scrivevo delle osservazioni che mi pare siano ancora attuali:

«Chiunque si sia occupato come “educatore” dei giovani conosce un segreto sconcertante: i giovani non esistono. Esiste Luca, Giorgio, Elisa, Marina, Lucia, persone diversissime, con storie e traiettorie a volte opposte. Certo, hanno qualcosa che li accomuna: hanno tutti un’età anagrafica simile e un marchio appiccicato addosso: giovani. Ogni persona è una singolarità significante unica, e non esistono due storie identiche. Ognuno è portatore di bisogni diversi, di richieste da fare alla cosa pubblica, sogni e ambizioni. Certo, ci sono delle similitudini, delle “tendenze generazionali” ma sono tutti parametri che perdono aderenza quando ascoltiamo una storia di vita e la inquadriamo nel vissuto. Parlare dunque di “giovani”, così come di “anziani”, o di “lavoratori” è sempre molto difficile, perché si rischia una generalizzazione che non aiuta a capire nella differenza, quale sia l’elemento comune, il nomos (inteso come consuetudine, costume) di una generazione».[17]

Sappiamo benissimo che esistono importanti differenze tra giovani appartenenti a famiglie benestanti e giovani di famiglie disagiate.  Così, come sappiamo che non possiamo adottare lo stesso atteggiamento con giovani che vengono da famiglie con vissuti conflittuali e giovani con famiglie unite. Esiste anche una notevole differenza tra giovani della città[18] e giovani della provincia. E poi, ancora, differenze tra i giovani della costa e quelli delle zone interne.[19] Ognuno di loro, affronta difficoltà diverse, ha ambizioni e progetti di vita differenti. Ogni generalizzazione è dunque fuorviante. Se ci concentriamo sulla relazione io-tu, emerge la singolarità, il carattere irripetibile della persona. In questa prospettiva, l’incontro è decisivo e la qualità della relazione è tutto. Tuttavia - pur riconoscendone i limiti - abbiamo anche bisogno di una prospettiva generalizzante che ci permetta di raggruppare alcune osservazioni che possono essere utili al nostro lavoro.

  1. Sul carattere peculiare dei giovani d’oggi

Mi sono sforzato di ricercare qualche aspetto che renda i cosiddetti giovani d’oggi,[20] diversi da quelli delle generazioni precedenti, facendo sempre attenzione al fatto che: «ogni generazione ha i suoi limiti e i suoi aspetti innovativi, i suoi slanci e le sue “ragnatele”».[21]

Mi pare che si possa dire che, per i nati dopo il duemila, l’unico elemento di sostanziale novità è il livello di esposizione all’ambiente tecnologico.[22] Nativi digitali,[23] vivono in un ambiente sociale pervaso dai media.[24] Non condivido la posizione di chi ritiene che i media siano solo degli strumenti neutri e che, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Ritengo, invece, che i media tendono a stabilire una gerarchia di bisogni e sono capaci d’imprimere un carattere peculiare.[25] L’esposizione continua all’analisi algoritmica è in grado di modellare i desideri, indirizzare le scelte, suggerire idee e imporre prospettive di vita.[26]

Ritengo che oggi la principale agenzia educativa sia la Rete. È realistico ipotizzare che:

«I bambini dei paesi occidentali, già dai due anni di età, trascorrono di fronte allo schermo in media tre ore al giorno. Tra gli otto e i dodici anni, circa quattro ore e quarantacinque minuti. Tra i tredici e i diciotto, sfiorano le sei ore e quarantacinque. In un anno, vuol dire circa mille ore per un bambino della scuola materna (il che equivale alle ore di un intero anno scolastico), millesettecento ore per uno studente di quarta e quinta elementare (due anni scolastici), e duemilaquattrocento ore per uno studente delle scuole superiori (2,5 anni scolastici). Espresso come frazione corrisponde rispettivamente a un quarto, a un terzo e al quaranta per cento delle ore di veglia quotidiane».[27]

Cerchiamo di essere realisti.[28] Chi passa così tanto tempo in una relazione educativa con loro? Quali sono i rischi e le opportunità concrete di questa esposizione? Esiste una immensa letteratura scientifica su questo tema[29] e non è facile trovare un punto d’equilibrio tra posizioni estreme che vanno dalla tecnofobia[30] all’entusiasmo.[31] Credo sia molto difficile oggi fare un bilancio.[32]

La Pandemia ha esasperato “la vita digitale” dei nostri giovani e messo in evidenza il divario digitale esistente tra le famiglie[33] ma ha anche suggerito possibili scenari di sviluppo educativo.[34]

Oggi siamo in grado di proporre delle attività concrete che siano capaci di entusiasmare i giovani e li convincano ad integrare la vita digitale con quella “concreta”?

Ho detto integrare, non sostituire. Perché per il nativo digitale la distinzione tra “reale” e “virtuale” è del tutto fuorviante. Per i nati in un ambiente pervaso dai media, i “fatti” che accadono on-line, hanno un carattere di realtà molto importante e sono in grado d’indirizzare le scelte e i comportamenti.[35] Dobbiamo avere chiaro che, i media, strutturano la personalità profonda dei giovani[36] e sono parte costitutiva del loro immaginario.

A volte, ma non sempre, si tratta di un immaginario “colonizzato” da stili di consumo esasperato, dall’edonismo, dalla legge del più forte.

L’uso dei media influenza lo sviluppo affettivo,[37] lo stile relazionale,[38] le capacità di lettura dei “segni” del reale e la disponibilità al dialogo. Trasforma radicalmente i concetti di pubblico e di privato. Assistiamo a una rapida saturazione del tempo di attenzione e alla crescente difficoltà di facoltà critica ed esperienziale nel distinguere il vero dal falso. I giovani vivono tutte le conseguenze dell’iper-accelerazione dei tempi della vita[39] e sono spesso in preda all’ansia da prestazione (l’attacco di panico è diventata una esperienza diffusa).

Sarebbe anche necessaria una riflessione approfondita sul rapporto con la reperibilità sempre e ovunque («always on») e sui suoi effetti.[40]

Non voglio dilungarmi troppo su questo argomento, perché ritengo che se si vuole approfondire la relazione tra giovani e media, occorre dedicare il giusto tempo a questo approfondimento.[41]

Però, mi pare urgente dire questo: sé si vuole avere un contatto quotidiano con i giovani è opportuno aprire tutte le “porte” digitali possibili e stare attenti ai segnali che i giovani emettono in forme spesso crittate.

I segnali d’allarme sono raramente espliciti. L’educatore deve essere in grado di essere presente dove le cose succedono e, spessissimo, oggi, la maggior parte di ciò che interessa a un giovane avviene on-line.

Molti di noi, di fronte a questa fatica, si ritraggono indietro e si rifiutano di familiarizzare con questi ambienti digitali, lasciando uno spazio vuoto che facilmente viene colmato da altri. Credo che “non è mai troppo tardi” per aprire un canale di comunicazione con un giovane. Anche quando si tratta di scambiarsi degli emoticon in una chat virtuale.

È dunque urgente e necessario che gli educatori:

«sviluppino quella competenza digitale che consente di agire in maniera opportuna in Rete. Non si deve tuttavia confondere la competenza digitale con la velocità dei pollici sui tastierini e con l’abilità d’uso. Si deve invece riuscire a far fruttare l’abilità in situazione, nei contesti reali. In questo senso l’abilità tecnica non basta, ma deve essere accompagnata dalla capacità di entrare in relazione con gli altri comunicando correttamente. Da un punto di vista pedagogico, questo significa che […] non possono limitarsi a promuovere le competenze informatiche di base tra bambini e ragazzi, ma devono puntare a formarli in senso relazionale, sociale, affettivo ed etico».[42]

Condivido pienamente questa affermazione: «È necessario che tutti coloro che hanno il compito di insegnare si portino negli avamposti dell’incertezza del nostro tempo».[43]

  1. Problemi “nuovi” e problemi “vecchi” della condizione giovanile

La vita digitale dei giovani può generare tutta una serie di problemi di tipo nuovo (oltre ad offrire anche opportunità di crescita, di relazione, di approfondimento culturale). Faccio un piccolo elenco parziale e provvisorio:

  • Alto livello di esposizione a contenuti sessuali e pornografici;[44]
  • Scambio digitale di materiale sessualmente esplicito (sexting)[45] invio e ricezione di foto e video di natura sessuale consensuale o non desiderato e non consensuale;
  • Grooming (il rischio di adescamento all’interno del web);
  • Phubbing (“phone” e “snobbing”, atteggiamento non adeguato che porta gli individui a controllare continuamente il proprio telefono cellulare tralasciando le relazioni con gli amici);
  • Selfie killer (selfie in condizioni pericolose per ottenere più visibilità e consensi sui sociale network);
  • Cyberbullismo (l’uso dei dispositivi digitali con scopo di procurare gravi danni morali o all’immagine della persona presa di mira);[46]
  • Crisi d’ansia e depressione in seguito all’allontanamento forzato dall’uso di dispositivi;[47]
  • Fake profile (riproduzione di un’identità che non coincide con quella del soggetto nella vita “reale”);
  • Sindrome da ritiro sociale (hikikomori);
  • Perpetual contact (intolleranza per tempi vuoti e del ‘silenzio digitale’);
  • Extimacy (esteriorizzazione di tutto ciò che è intimo);
  • FOMO (fear of missing out). Paura di perdere qualcosa d’importante se non si resta in linea con gli aggiornamenti o si resta per qualche tempo sconnessi;
  • Dipendenza da giochi e scommesse (Gamification);

Mi fermo qui. Questo breve elenco serve, soprattutto, per aiutarci a comprendere come un nuovo ambiente di vita genera problemi nuovi di adattamento, nuove difficoltà e necessità nuove di aiuto e di relazione. Un’eccesiva velocità di trasformazione sociale può causare un vero e proprio disorientamento vertiginoso causato dall’arrivo prematuro del futuro. Così lo descrive Alvin Toffler nel suo libro Future Shock pubblicato nel 1970.

Sé vogliamo veramente camminare con i giovani, dobbiamo sapere quali sono “i demoni” che li tormentano e provare ad accompagnarli in questa lotta.

Ai problemi di “tipo nuovo” si sommano “vecchi problemi mai risolti”, che rendono la condizione giovanile - e in particolare quella del Sud - una fase della vita molto complessa e difficile. Anche questo è un elenco parziale e limitato:

  • La povertà educativa che limita - di fatto – lo sviluppo personale;
  • Un sistema scolastico “a macchia di leopardo” con punti di eccellenza ma anche con molte difficoltà e ritardi;
  • Difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro;
  • Mancanza di politiche di supporto alla genitorialità,
  • Emigrazione per motivi culturali o lavorativi;
  • Differenza di opportunità tra città e zone interne;
  • Consumo di droghe, di alcol, dipendenza dal gioco;
  • Conflitti del’identità sessuale;
  • Disaffezione dalla politica, dall’impegno sociale e religioso e conseguente ripiegamento nel privato:
  • Presenza massiccia di NEET[48] (Not in education, employment or training). La sigla indica quei giovani che non frequentano alcuna scuola, università né corso di formazione o aggiornamento professionale.

Tutti questi “vecchi problemi”, sono oggi ridefiniti dall’ambiente digitale, che mette in discussione le certezze acquisite, i confini, le basi su cui poggiano le nostre “vecchie” convinzioni.

  1. Il consumo di crack

Vorrei porre l’attenzione su una esperienza personale recente. Seguo, da diversi mesi, processi di orientamento in carcere. Quasi tutti i giovani che ho incontrato si trovano in carcere per reati legati al consumo di una droga che genera dipendenza quasi immediata e che è capace di abbattere ogni difesa morale: il crack.[49]

Una droga che costa poco e che si trova praticamente ovunque. Un mix micidiale che aumenta il rischio di esposizione al pericolo e che riguarda tutte le classi sociali.  

I giovani che ho incontrato mi hanno parlato di un potere di attrazione di questa droga fortissimo. Un potere “diabolico” che riguarda il senso profondo del desiderio di vita della persona. Persino dopo qualche anno di disintossicazione forzata continuano “a sognare il crack”. Ho conosciuto giovani che hanno commesso ogni genere di reato connesso all’uso di questa sostanza. Reati vili, inconcepibili rispetto alla “vita normale”. Reati che, loro stessi, considerano estranei alla loro stessa personalità antecedente all’inizio del consumo.

Siamo di fronte a un rischio mortale per i nostri giovani. È nostro compito aprire gli occhi di fronte a questo rischio e giocare d’anticipo. Il consumo di droghe deve essere un argomento continuo nelle nostre relazioni con i giovani.

Occorre, innanzitutto, informare e non dare per scontato che tutti sappiano quali siano le conseguenze dell’uso di una determinata sostanza. Ho verificato personalmente, come nelle scuole non ci sia abbastanza “cultura dell’uso delle droghe”. Si preferisce, a volte, rimediare ai danni piuttosto che anticipare. A me sembra un atteggiamento perdente.

Tolstoj nel 1890 scrisse un breve saggio dal titolo: Perché la gente si droga? Così scriveva:

«è impossibile non comprendere che l’uso di sostanze narcotiche, in grandi o piccole quantità, periodicamente o costantemente, nelle classi più alte come in quelle più basse, ha sempre la medesima causa: il bisogno di soffocare la voce della coscienza, così da non vedere il conflitto che vi è tra il proprio modo di vivere e le esigenze della coscienza».[50]

Noi non dobbiamo mai dimenticare che tutto ciò che avviene d’importante nella vita dell’individuo, avviene, primariamente nella sua coscienza e che, è compito nostro “influire positivamente” sulla coscienza dei giovani, provando ad offrire modelli di esistenza in grado di dare un senso al conflitto tra esigenze dell’Io e bisogni di solidarietà e compassione.

  1. Sull’urgenza di un sapere sinodale

Ritengo che se vogliamo occuparci dei giovani, abbiamo bisogno di nuovi strumenti. Credo che dobbiamo abbandonare lo stile di ricerca individuale (e anche questo tipo di conferenza) e dare avvio a una forma di sapere sinodale basato sulla comunione dei saperi. C’è una osservazione di Karl Ranher del 1986 che oggi mi pare attualissima:

«Oggi una teologia sistematica, come la si concepiva in passato, non può più essere il prodotto di una sola persona. […] Quello della sintesi perciò è un compito che oggi non può più essere svolto da un solo individuo».[51]

Una sintesi sul mondo giovanile deve essere condotta con specialisti di varie discipline che includa anche una buona rappresentanza di giovani appartenenti a diverse zone e di livello sociale differente.

Solo così potremmo raggiungere quella visione complessa che è necessaria per affrontare i problemi complessi. Ogni semplificazione, ogni individualismo, mi pare non riesca più ad afferrare il senso degli eventi.

Non dobbiamo più parlare dei giovani ma educarci a parlare con i giovani dei problemi dei giovani. È banale ma poi non lo facciamo. Continuiamo a proporre un modello che li esclude.

  1. Educare a pensare con la propria testa

Esiste una letteratura sociologica e psicologica sterminata sulla condizione giovanile.[52] Eppure, mi pare che alcune osservazioni di Romano Guardini siano ancora di straordinaria attualità. Parlando della giovinezza scrive:

«Il carattere fondamentale di questa forma di vita è determinato da due fattori. Uno è positivo: si tratta della capacità di crescita della personalità che si afferma e dello sviluppo di una dirompente vitalità; l’altro è negativo: è la mancanza di esperienza della realtà. […]. È anche il periodo nel quale emergono i tipici talenti precoci: si tratta spesso di capacità sorprendenti di intelletto, d’ingegno, di creatività artistica, di leadership, che sono d’incerta durata. […] Questo è il periodo nel quale, da un così forte senso dell’assoluto, scaturisce il coraggio di prendere decisioni da cui dipenderà la vita del giovane. Per esempio la scelta della professione. […] Il pericolo maggiore per il futuro uomo è il «si», cioè lo schema anonimo, sostenuto dai partiti, dai giornali, radio, cinema, che stabilisce come si dovrebbe pensare, giudicare, agire».[53]

Ecco, il problema più grande dell’educazione dei giovani: il rischio di allevare dei conformisti anonimi. Dei meri consumatori d’idee preconcette. Esecutori grigi di ordini.

Sé non ci svincoliamo da questa tendenza, non assisteremo a nessuna innovazione, a nessun rinnovamento. Non possiamo non essere vicini al pensiero di Guardini quando ci suggerisce quale sia il processo che dobbiamo favorire:

«il giovane deve imparare a pensare e a giudicare da solo; deve acquisire una sana diffidenza nei confronti delle ricette pronte, sia di tipo teorico si di tipo pratico. Deve affermarsi nella sua libertà».[54]

E noi, nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi giovanili, stiamo veramente educando i giovani a pensare con la propria testa, oppure, li stiamo convincendo a “sognare il sogno degli altri”?

  1. Osare la vita comune

Sé ritorno con la mente all’esempio di San Giovanni Bosco, di San Giovanni Calabria, di Don Milani, del Beato Puglisi e dei tanti cristiani che hanno dedicato la propria vita ai giovani – questi fratelli assenti, ma straordinariamente presenti in Cristo e in noi – essi hanno avuto il coraggio di vivere con i giovani.

Hanno osato sperimentare forme di vita comune con loro, condividendone le gioie e i turbamenti, le paure e gli slanci.

Hanno costruito con loro la “casa” dove abitare il futuro. Mi pare, che nelle loro opere, ci sia un insegnamento fondamentale per tutti noi: dobbiamo fare un pezzo di strada con i giovani, conoscerli veramente, come persone uniche e irripetibili.

Per fare questo, occorre costruire fisicamente le comunità che siano in grado di aiutarli a ricercare quelle risposte che stanno cercando. Comunità stabili, durevoli, solide. Comunità che siano capaci di resistere alle ondate di scoraggiamento e di delusione.[55]

Comunità che siano capaci di abilitare, di costruire saperi pratici e rafforzare l’uso dei sensi.[56] Paradossalmente, è solo costruendo la comunità[57] che insegniamo ai giovani la forza della solitudine, il coraggio della scelta individuale, la potenza della vocazione. «Beato chi è solo nella forza della comunione, beato chi mantiene la comunione nella forza della solitudine»[58] ha scritto Bonhoeffer.

  1. Giovinezza del Vangelo

 Noi cristiani abbiamo uno strumento eccezionale per riuscire a stabilire un dialogo fecondo con i giovani. Uno strumento che è capace di farci attingere a una “fonte di eterna giovinezza”. Questo strumento eccezionale si chiama Vangelo. Essere attinenti al Vangelo significa “mantenersi giovani”.

L’invito a “non preoccuparsi”[59] e a cercare le cose di lassù, ci rende giovani e capaci di stare con i giovani. L’invito a non accumulare,[60] a non attaccarci a ciò che è sfuggente, ci rende “leggeri e agili”.

Ogni analisi diversa, per quanto accurata e profonda, non riesce ad avere la capacità attrattiva e la forza prorompente del Vangelo.

È il Vangelo che può guidarci ancora nel tentativo di essere fecondi. Il rinnovamento che cerchiamo, la speranza che vorremmo trasmettere ai giovani, l’esempio che vorremmo essere per loro o si fonda sul Vangelo o non ha nessun “fondamento”.

Camminare con i giovani significa dunque, ora e sempre, camminare con Cristo seguendo i suoi passi.

È questo, in ultima analisi, il nostro segreto pedagogico, il nostro metodo, la nostra visione educativa.

Al giovane che, in preda all’angoscia, ci confessa le sue inquietudini, dobbiamo avere il coraggio di dire: «Dio ti ha fatto per sé e il tuo cuore sarà inquieto finché non riposi in lui».[61]

  1. Conclusioni

Provo a sintetizzare i punti che ho cercato di affrontare con voi in questa occasione benedetta: 

  • Riportare sempre alla memoria la nostra stessa giovinezza;
  • Provare ad essere quell’adulto che sperava d’incontrare e che non ha mai incontrato, oppure, provare ad assomigliare a quei maestri che tanto bene ci hanno dato;
  • Evitare di pensare per categorie e centrare la relazione sulla persona;
  • Aprire tutte le “porte” digitali possibili e stare attenti ai segnali che i giovani emettono in forme spesso crittate;
  • Conoscere i “problemi nuovi” e quelli “vecchi” legati alla condizione giovanile;
  • Porre attenzione sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle dipendenze patologiche;
  • Adottare una forma di sapere sinodale basato sulla comunione dei saperi;
  • Cooperare con il giovane per raggiungere l’autonomia di pensiero;
  • Costruire con i giovani comunità stabili, durevoli, solide;
  • Mettere al centro il Vangelo per fondare la relazione con i giovani.

Spero che questi stimoli possano essere utili al lavoro gravosissimo che dobbiamo ancora fare. E proprio perché quello che ci attende è un lavoro decisivo, prendo commiato da voi con una carezza e un augurio che rivolgo ad ognuno di voi qui presente, fratello e amico in Cristo:

“Ora et labora et lege et noli contristari in laetitia pacis!”.

 

[1] Area Sociale e Formativa Opera Don Calabria. Per contatti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

[2] Assemblea Diocesana del Clero, Casa Diocesana “Card. Pappalardo” Baida, Palermo 31 gennaio 2023.

[3] Mancini intendeva creare un Istituto che fosse: «una Comunità di Formazione e di Ricerca».

[4] A Italo Mancini (1925 –1993) si deve la conoscenza in Italia di alcuni importanti esponenti della teologia protestante contemporanea (K. Barth, R. Bultmann e D. Bonhoeffer).

[5] Settimio Cipriani (1919 – 2014). Sacerdote della Diocesi di Fiesole ed illustre biblista, professore e poi preside della Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale. Predicatore radiotelevisivo, e collaboratore di Radio Vaticana.

[6] Khaled Fouad Allam (1955 –2015) sociologo e politico algerino. Docente d’Islamistica all’Università degli Studi di Urbino e Trieste.

[7] Paolo De Benedetti (1927 –2016) teologo e biblista italiano. Docente di Giudaismo presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Antico Testamento agli Istituti di scienze religiose delle università di Urbino e Trento, curatore di prestigiose collane editoriali, è stato esponente di primo piano della cultura ebraica in Italia e protagonista del dialogo ebraico-cristiano.

[8] Réginald Grégoire (1935 - 2012) monaco benedettino belga, noto soprattutto per i suoi studi di agiologia.

[9] Terrin insegna Fenomenologia della religione presso l’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova. Utilizzando un metodo di indagine comparativo e fenomenologico, nelle sue ricerche teologiche si è occupato dell’analisi di alcuni temi chiave (tra cui mistica, rito, salvezza, profezia, liturgia) delle religioni mondiali e dei nuovi movimenti religiosi, giungendo a sottolineare l’intreccio tra sfera del sacro e dimensione antropologica.

[10] Struttura e significato del silenzio nel rituale d'iniziazione pitagorico: il silenzio come morte rituale. - In Studia patavina, 2005. - a. 52, n. 1, p. 127-148.

[11] Potrebbe fare bene rileggere: C. Bo, Siamo ancora cristiani? Vallecchi, Firenze 1964.

[12] Carlo Bo (1911 –2001) è stato un ispanista, francesista, critico letterario e politico italiano. Considerato il maggiore studioso ispanista e francesista del Novecento in Italia, Carlo Bo fondò la Scuola per interpreti e traduttori nel 1951 e la IULM nel 1968, che oggi hanno sede principale a Milano, e a lui è intitolata l’Università degli Studi di Urbino.

[13] Ebbi persino l’opportunità di discutere animatamente di traduzione con Umberto Eco durante un convegno.

[14] Su quanto possa essere faticoso “essere se stessi”: A. Ehrenberg, La fatica di essere se stessi, Einaudi, Torino 1999.

[15] Ovvero di coloro che caricano gli uomini di pesi insopportabili e quei pesi non li toccano nemmeno con un dito! (Luca 11, 46).

[16] M. Mastropierro, Che fine ha fatto il futuro? Giovani, politiche pubbliche, generazioni, Ediesse, Roma 2019.

[17] https://www.vita.it/it/article/2019/10/10/che-fine-ha-fatto-il-futuro-giovani-politiche-pubbliche-generazioni/152929/

[18] Resta un contributo importante: Tumminelli, S. G., Cappello, G. M., Picone, M., Fulantelli, G., & D’Anneo, G. , Abitudini e stili di vita dei ragazzi e delle ragazze di Palermo, CESVOP PALERMO 2019.

[19] A. Membretti, S. Leone, S. Lucatelli (a cura di), Voglia di restare. Indagine sui giovani nell’Italia dei paesi, Donzelli, Roma 2023.

[20] Per una introduzione generale ai temi della condizione giovanile: Istituto Giuseppe Toniolo (a cura di);  La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2022, Il Mulino, Bologna 2022; L. Gorgolini, L. Gobbi (a cura di), Giovani e società in Italia tra XX e XXI secolo. Consumi, demografia, genere, istruzione, movimenti migratori, politica, Il Mulino, Bologna 2020; F. Del Pizzo, S. Leone, E. Sironi, Giovani del Sud. Limiti e risorse delle nuove generazioni nel Mezzogiorno d’Italia, Vita e Pensiero, Milano 2020; di L. Alfarano, T. Drazza, M. Tridente, Adolescenti H24. Identità, sessualità, social media, spiritualità, AVE, Roma 2021.

[21] F. Garelli, Presentazione della ricerca “giovani e scelte di vita” e conclusioni, in Giovani e scelte di vita. Prospettive educative. Atti del Congresso Internazionale (Roma, 20-23 Settembre 2018). Vol. 1: Relazioni. Las, Roma 2019, p. 199.

[22] Per una prima analisi di questo mondo: V. Codeluppi, Mondo digitale, Laterza, Roma-Bari 2022; E. Sadin, L’Io tiranno. La società digitale e la fine del mondo comune, Luiss University Press, Roma 2022; G. Ritzer, La McDonaldizzazione del mondo nella società digitale, Franco Angeli, Milano 2020; L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Raffaello Cortina, Milano 2022.

[23] G. Riva, Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media, Il Mulino, Bologna 2019; F. Capaccio, Naufraghi virtuali. Chiesa e nativi digitali: quale comunicazione? Tau 2018; G. Bonanomi, Prontuario per genitori di nativi digitali. 100 domande e risposte su tecnologia e genitorialità, Ledizioni 2018.

[24] Vedi: E. Bissaca, M. Cerulo, C. M. Scarcelli, Giovani e social network. Emozioni, costruzione dell’identità, media digitali, Carocci, Roma 2021.

[25] Potrebbe essere utile: P. Piro, Insieme ma soli di Sherry Turkle, un libro chiave sul meccanismo dell’auto inganno, su: http://wwwdata.unibg.it/dati/bacheca/1030/58262.pdf e La vita sociale online degli adolescenti: molte connessioni e poche relazioni? Su: https://www.pedagogia.it/blog/2016/07/13/la-vita-sociale-online-degli-adolescenti-molte-connessioni-poche-relazioni/

[26] R. Keucheyan, I bisogni artificiali. Come uscire dal consumismo, Ombre Corte, Verona 2021, p. 156.

[27] M. Desmurget, Il cretino digitale Difendiamo i nostri figli dai veri pericoli del web, Rizzoli, Milano 2020, p. 7.

[28] Secondo l’ultimo Rapporto pubblicato dall’Organizzazione Internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico – Ocse, basato sui sondaggi condotti durante i test internazionali PISA – Programme for International Student Assessment, gli adolescenti passano sempre più tempo online, diventando spesso facili vittime di fakes o disinformazione. I dati appena resi noti parlano chiaro: si tratta in media di 35 ore a settimana, trascorse davanti ad uno schermo, collegati ad Internet. Il record spetta ai teenagers danesi, che di ore ne passano ben 47, seguiti da svedesi, cileni e nordamericani che ve ne spendono 40. Gli italiani sono nella media globale, con circa 35 ore online, con un aumento notevole rispetto al 2021, quando le ore erano 21 a settimana. In particolare, gli adolescenti italiani ogni giorno navigano in rete per 7 ore a scuola e per le restanti 28 da casa. Vedi: https://www.tecnicadellascuola.it/ocse-nuovo-rapporto-su-adolescenti-e-uso-corretto-della-rete

[29] «Nel campo della ricerca pedagogica sui media, non si può sostenere che le posizioni siano state omogenee, né lo si può dire nel campo delle esperienze educative concretamente realizzate. Piuttosto – e questo vale sia in senso sincronico che diacronico –, si rilevano concezioni educative molteplici, che fanno (e hanno fatto) differenziare la scelta degli elementi indispensabili per realizzare un approccio corretto al mondo dei media digitali, soprattutto in favore dei soggetti in crescita. Al solo scopo di far comprendere questo punto – ovvero: non esiste una sola educazione ai media, ma molteplici – riporto rapidamente qualche esempio. Se cominciamo con l’approccio cronologicamente più remoto (ma mai veramente abbandonato), ovvero quello protezionistico/inoculatorio, vi ritroviamo la precipua affermazione di un’educazione mediale capace di inculcare atteggiamenti critici così profondi, da indurre i giovani a diffidare dei media, considerandoli, tout court, falsi, depravati e deleteri per lo sviluppo intellettuale. L’approccio ispirato alla pedagogia marxista, invece, la cosiddetta critical media literacy, ha anch’esso insistito sullo sviluppo del senso critico, ma in una logica diversa, non moralistica, bensì più attenta al riconoscimento delle stereotipizzazioni e delle influenze di classe che i media veicolano, trasformandosi in strumenti di oppressione sociale. Al contrario, l’approccio “espressivista” ha visto i media come uno strumento che consente a chiunque di comunicare i propri vissuti e punti di vista in una molteplicità di linguaggi e, dunque, ha riletto l’educazione ai media come una possibilità di coltivazione della creatività e della libera espressione. Infine, l’approccio “alfabetico” ha guardato ai media soprattutto come a dei sistemi di significazione sociosemiotica, per i quali si rende necessario un intervento educativo capace di insegnare ai più giovani le abilità di comprensione degli elementi grammaticali, narrativi e comunicazionali interni ai messaggi, in modo da consentirne una piena decodifica ed, eventualmente, una successiva riproduzione». D. Felini, Competenza mediale e digitale. Analisi e riflessioni su un costrutto complesso, in: Annali online della Didattica e della Formazione Docente 13.21 (2021): 165-179, su: https://annali.unife.it/adfd/article/view/2331

[30] Si veda: G. Pezzano, Oltre la tecno-fobia/mania: prospettive di “tecno-realismo” a partire dall’antropologia filosofica." Etica & Politica 14.1 (2012): 125-173, su: https://iris.unito.it/bitstream/2318/1524172/1/PEZZANO-tecno.pdf

[31] Si vedano i più recenti: G. Coslin, Adolescenti da brivido. Problemi, devianze e incubi dei giovani d’oggi, Armando Editore, Roma 2023.

[32] Potrebbero essere utili: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/giovani-e-digitale-un-rapporto-di-timore-e-cautela-ecco-perche-la-ricerca/

[33] D. Selva, (2020). Divari digitali e disuguaglianze in Italia prima e durante il Covid-19. Culture e Studi del Sociale, 5(2), 463-483; http://elea.unisa.it/bitstream/handle/10556/4823/Selva%2C%20D.%20%282020%29.pdf?sequence=1

[34] «La dislocazione di spazi fisici e virtuali, la collaborazione in presenza e a distanza, l’utilizzo intelligente di tecnologie dovrebbero consentire di affrontare l’attuale emergenza in un’ottica non difensiva, ma attiva e creativa, non limitando le opportunità educative, ma amplificandole a dismisura. Flessibilità organizzativa e modello blended aiuteranno a non vedere i cambiamenti come una pura risposta al virus, ma come il futuro dell’istituzione educativa, capace di non fermarsi a mere regolamentazioni attuate nel nome della sicurezza, ma di rilanciare e trasformarsi, immaginando un nuovo modello organizzativo, nel nome dell’educazione e del successo formativo. Insomma, non si tratta semplicemente di amministrare una crisi, ma di trarre da essa quelle indicazioni che ci portano avanti, invece di difendere lo status quo». R. Franchini, Una crisi da non sprecare. L’educativo digitale prima, durante e dopo il Coronavirus1." (2020), p. 98, su: https://www.cnos-fap.it/sites/default/files/articoli_rassegna/franchini_2-2020.pdf

[35] «Il dualismo digitale, assai diffuso e fonte di distorsioni interpretative che rischiano di compromettere la comprensione dei fenomeni in atto, consiste nel pensare che la realtà autentica sia solo quella materiale, e che il ‘virtuale’ sia di per sé una forma di realtà impoverita, inautentica, che sottrae tempo ed energie alla realtà ‘vera’: un luogo di doppiezza, che ci estrania dalla vita reale, che favorisce la costruzione di identità fittizie, di relazioni superficiali e strumentali; una trappola che ci risucchia in forme di dipendenza alienante. Questa impostazione, costruita attorno ad una frattura e ad una contrapposizione forzata (che non considera, per esempio, che anche le relazioni faccia a faccia possono essere inautentiche), costituisce il maggior ostacolo alla comprensione del significato che la rete ha per i giovani oggi. Per loro, infatti, si tratta di una dimensione fondamentale per la manutenzione delle proprie relazioni e per l’allargamento delle proprie cerchie relazionali; di un’estensione smaterializzata, ma nondimeno reale, dei territori quotidiani di esperienza e di relazione». C. Giaccardi, Giovani, media digitali e sfide educative, in: V. Orlando (a cura di), Con Don Bosco educatori dei giovani del nostro tempo. Atti del Convegno Internazionale di Pedagogia Salesiana, Roma, 2015, p. 71. Consultabile su: https://spes.diocesiudine.it/wp-content/uploads/sites/7/Giovani-media-digitali-e-sfide-educative.pdf

[36] «Di particolare interesse è l’effetto di Internet sulla formazione dell’identità negli adolescenti, che devono ancora costruire una visione stabile di Sé. Gli adolescenti rappresentano un gruppo molto attivo e, una volta connessi, il loro utilizzo è multitasking; sfogliano pagine web, scaricano musica e visitano le chat room contemporaneamente. La loro esperienza online mostra come essi diano vita a uno “specchio” distintivo che produce un “io online” che si differenzia dall’“io offline”». M. G. Monaci – N. Cerisetti, La presentazione di una falsa identità nell’era digitale, in: Qwerty-Open and Interdisciplinary Journal of Technology, Culture and Education 16.1 (2021): 80-99, p.83 su:

[37] Vedi: M. Carlesso, Utilizzo dei media digitali in adolescenza: Una rassegna sui correlati e sulle strategie educative, consultabile: https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/31151/1/Carlesso_Martina.pdf

[38] «Gli spazi digitali favoriscono forme di conformismo comportamentale, sia attraverso i tradizionali meccanismi di socializzazione sia a causa della loro struttura algoritmica che risulta intrinsecamente “omofila” perché facilita l’incontro con persone che hanno interessi simili o appartengono alla stessa rete di relazioni. La tendenza a racchiudere la navigazione degli utenti in spazi circoscritti sulla base di algoritmi che generalizzano induttivamente le informazioni raccolte attraverso le tracce lasciate in rete, il cosiddetto fenomeno della “Filter Bubble”, genera il rischio di un intrappolamento all’interno delle logiche del mercato digitale di cui i soggetti coinvolti non sono del tutto consapevoli». E. Gremigni, Competenze digitali e Media Education: potenzialità e limiti del piano Nazionale Scuola Digitale, in: Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione 2019.1 (2019): 1-21, p. 11, su: https://rtsa.eu/RTSA_1_2019_Gremigni.pdf

[39] Per un dibattito critico su questo tema: D. Dorling, Rallentare. La fine della grande accelerazione e perché è un bene; Cortina Raffaello, Milano 2021; J. Wajcman, La tirannia del tempo. L’accelerazione della vita nell’era del capitalismo digitale, Treccani, Roma 2020; J. R. McNeill – P. Engelke, La grande accelerazione. Una storia ambientale dell’Antropocene dopo il 1945, Einaudi, Torino 2018; H. Rosa, Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica nella tarda modernità, Einaudi, Torino 2015.

[40]Vedi: S. Achab, Riflessioni sulle conseguenze psichiche della reperibilità sempre e ovunque tra i giovani, su: https://ekkj.admin.ch/fileadmin/user_upload/ekkj/02pubblikationen/Berichte/i_2019_CFIG_Rapporto_Digitalizzazione.pdf#page=75

[41] Possono essere utili in questa direzione: M. Drusian, - C. Scarcelli, P. Magaudda,Vite interconnesse: pratiche digitali attraverso app, smartphone e piattaforme online, Meltemi, Milano 2019.

[42] F. Baroni – A. Greco – M. Lazzari, Utenti di Internet sempre più giovani: indagine sull’uso del digitale tra gli alunni della scuola primaria, in M. Lazzari - A. Ponzoni A., a cura di, Palcoscenici dell’essere, Bergamo: Sestante (2019): 229-240.

[43]    N. A. Buonaguro, Società della conoscenza e Pedagogia 3.0. in: Formazione & insegnamento 18.1 Tome II (2020): 691-699, p.693, su: file:///C:/Users/sekis/Downloads/admin-691-699+-+60+Buonaguro.pdf

[44] R. Casiraghi, L’uso problematico di internet e dei social network in adolescenza: un’indagine sulla solitudine e sulla flessibilità cognitiva come fattori di rischio e protezione, su: https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/31174/1/Tesi%20Casiraghi%20Rosa%20.pdf

[45] M. FRANCISCA, Adolescenti e sexting. L’esperienza dello scambio digitale di materiale sessualmente esplicito, consultabile su: https://thesis.unipd.it/bitstream/20.500.12608/41911/1/Matilde_Francisca.pdf

[46] Si veda: A. La Spina-G. Frazzica (cur.), Giovani e legalità in tempo di pandemia, Centro Studi Pio La Torre, 2021, su: https://www.piolatorre.it/public/pdf-pubblicazioni/N_2-Giovani_e_legalita_in_tempo_di_pandemia_PDF.pdf

[47] K. Szadejko, et al. Impatto dell’astinenza da cellulare sull’ansia e sui bisogni psicologici dei giovani tra i 14 ei 18 anni. Ricerca quali-quantitativa “Challenge4Me”." (2022): https://www.igtoniolo.it/wp-content/uploads/2022/04/22_04_TP_Impatto-dell-astinenza-da-cellulare.pdf

[48] Non lavorano e non studiano, crescono le donne Neet: dati allarmanti a Caltanissetta e Palermo: https://gds.it/articoli/economia/2022/11/09/lavoro-cgil-record-donne-neet-in-sicilia-dati-allarmanti-a-caltanissetta-e-palermo-b12f2a26-9b97-4c07-b5f1-da2e09302062/

[49] G. Sciortino, Allarme droga a Palermo: troppi giovani, troppo crack, su: https://www.vita.it/it/article/2022/08/10/allarme-droga-a-palermo-troppi-giovani-troppo-crack/163763/

L’albergheria si ribella al crack, droga devastante, la drammatica testimonianza di un genitore: https://www.blogsicilia.it/palermo/albergheria-crack-droga-ribellione-dramma-testimonianza-genitore-talk-sicilia/795695/

[50] L. N. Tolstoj, Perché la gente si droga? E altri saggi su società, politica e religione, Mondadori, Milano 1988, p. 45.

[51] Cfr. M. Krauss – K. Rahner, La fatica di credere, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1989, p. 66.

[52] Forse sarebbe utile ripartire da: P. Goodman, La gioventù assurda, Einaudi, Torino 1997.

[53] R. Guardini, Le età della vita. Loro significato educativo e morale, Vita e Pensiero, Milano 1992, pp. 45-56.

[54] Ivi, p. 57.

[55] Forse la vita monastica può aiutarci a comprendere il senso profondo della stabilitas loci.

[56] Si può partire da: I. Illich, La perdita dei sensi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2009.

[57] «Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l’urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo. Si deve riconoscere che, nell’attuale contesto di crisi dell’impegno e dei legami comunitari, sono molti i giovani che offrono il loro aiuto solidale di fronte ai mali del mondo e intraprendono varie forme di militanza e di volontariato. Alcuni partecipano alla vita della Chiesa, danno vita a gruppi di servizio e a diverse iniziative missionarie nelle loro diocesi o in altri luoghi. Che bello che i giovani siano “viandanti della fede”, felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra!». Papa Francesco, Evangeli Gaudium, 106.

[58] D. Bonhoeffer, La vita comune, Queriniana, Brescia 1969, p. 115.

[59] Matteo 6,25-34.

[60] Matteo 6,19-20.

[61] S. Agostino, Confessioni, 1.

Card. Zuppi: una nuova stagione

Testo dell’Introduzione del Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ai lavori della sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente, che si svolge a Roma dal 23 al 25 gennaio.

Cari amici,

vorrei avviare la mia introduzione ai lavori di questo Consiglio Episcopale Permanente con una scena biblica. La traggo dal libro degli Atti degli Apostoli. Si tratta dell’inizio della predicazione di Paolo a Corinto (At 18,1-11), la comunità che portava l’Apostolo fino alle lacrime, attraversata da divisioni e personalismi, in una città incontro di culture diverse con le quali si misurava la piccola comunità. L’Apostolo incontra accoglienza, come quella presso la casa di Aquila e Priscilla (At 18,2-3), ma anche una forte opposizione (At 18,6). Possiamo immaginare i suoi dubbi. Come annunciare il Vangelo del Risorto a gente diffidente, catturata dal presente e con una comunità divisa? Quale sicurezza? Cosa fare con la creta delle mediocrità e della limitatezza umane? Durante questo travaglio Paolo viene raggiunto di notte da una rivelazione divina: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso» (At 18,9-10). Anche per noi c’è un popolo numeroso nelle nostre città, molto più di quanto misuriamo con categorie spesso vecchie, giudicando con indicatori ormai superati che non ci fanno accorgere di tanti segni importanti. Lo percepiamo dall’attenzione verso la Chiesa e i suoi ministri. Lo vediamo in alcuni momenti particolari della vita delle persone e della società. Ad esempio, la scomparsa di fratel Biagio Conte a Palermo, un giovane ricco convertitosi a missionario del Vangelo e amico dei poveri, profeticamente alternativo e vicino alla gente comune, ha suscitato in modo sorprendente attenzione attorno alla sua figura. La santità e la carità attraggono. Mons. Lorefice, Arcivescovo di Palermo, ha detto: «Era un diffusore di speranza, un uomo infuocato dell’amore di Dio». Don Pino Vetrano, compagno di fratel Biagio, ha commentato esaltandolo: «Oggi ci testimoni che la mafia si può vincere con la santità e la vita».
Avere una visione larga del popolo, sapere che già c’è un popolo di Dio nascosto, non è consolatorio o illusorio, ma missione larga e dialogo rinnovato. «Continua a parlare e non tacere» per fare emergere questo popolo, attraverso la relazione con ognuno: questo permette alla comunità di essere un corpo, di capire l’unità che valorizza l’individuo, per non ripiegarsi ma trasmettere fede, simpatia, speranza. Solo l’unità permette alla comunità di essere creativa.

Il Cammino sinodale sta raggiungendo il completamento della prima fase, quella dell’ascolto, e ci restituisce tante attese, desideri e un’immagine dolorosa, ma realistica delle nostre Chiese. Queste non debbono mai dimenticare l’orizzonte largo con cui pensarsi e continuano a cercare il dialogo con i nostri compagni di strada, con quel popolo numeroso indicato all’Apostolo. San Paolo, che portò il Vangelo oltre i confini della Palestina, sino ai confini della terra (cfr. Mt 28,19-20) ci incoraggia a non avere timore di quello che oggi chiameremmo “cambio di paradigma”. Molti, soprattutto laici, esprimono il disagio per forme ecclesiali sentite come poco partecipative. Anche i nostri presbiteri ci comunicano la fatica di mantenere le attività in cui un tempo erano impegnate forze ben più cospicue. Ricorrono parole chiave come “comunione ecclesiale”, “partecipazione dei laici”, “razionalizzazione delle forze”, “scelta di priorità”, “decisioni da prendere”. Spesso la tentazione non è avviare percorsi ma elaborare programmi, non discernere ma aspettare la soluzione, non la ricerca ma la sicurezza. Il Cammino sinodale ci aiuterà senz’altro a trovare le risposte adeguate e necessarie, ma solo nella tensione apostolica dell’Apostolo che vuole raggiungere tutti e costruire comunità vive. Questo richiederà di identificare alcune priorità, soluzioni creative e rispondenti alle tante attese delle nostre comunità e del popolo numeroso cui svelare la presenza di Dio che già è nella loro vita.

Guardare insieme la realtà e oltre

È un dono per me e per noi riunirci insieme, alzare lo sguardo, guardare oltre, cercare e scambiarci le nostre opinioni e preoccupazioni, la nostra sensibilità alla ricerca di una visione o nella conferma di questa. Ne abbiamo bisogno perché qualche volta, come Marta del Vangelo, più che la visione che apre il cuore a Maria ci sentiamo catturati dai molti servizi, anche oggettivi, che finiscono per diventare una prigione dalla quale non sappiamo affrancarci. Alcune discussioni, calcoli e polarizzazioni nascono da questo atteggiamento. Marta verifica subito la propria utilità, si sente poco aiutata e rivela amarezza e recriminazioni. Porsi ai piedi di Gesù non è una cosa in più da fare o smettere di farne altre ma libertà interiore per mettere al centro quello che serve per davvero e che non ci viene tolto. Quando non ascoltiamo Gesù inevitabilmente diventano importanti le cose piccole, che riempiono la vita ma svuotano il cuore. E il mondo soffre di mancanza di visione. Papa Francesco propone una lettura problematica del mondo globale: l’umanità trascinata da una mano invisibile, in cui «diventa difficile fermarsi per recuperare la profondità della vita». La sua visione di Fratelli Tutti e di una Chiesa comunione ci permette di non lasciarci trascinare dagli affanni. La visione non è solo un progetto, ma ben di più. Talvolta, anche da un punto di vista personale, ci sembrano esaurire le nostre possibilità.
«Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra» (Sal 121, 1-2). Non stanchiamoci di alzare gli occhi strappandoli dall’onnipresente io, dalle sue infinite interpretazioni che non aiutano a risolvere il vero problema del suo significato che è trovare il noi, per chi vivere. Alzare gli occhi ci è necessario per capire oggi il nostro popolo, tutto, quello prossimo e quello più lontano, ma che per questo non ha voltato le spalle al Vangelo. È la folla che sempre accompagna Gesù e che lo muove a compassione. In questo Consiglio permanente affronteremo come sempre alcuni problemi necessari di “governo”, anche di sistema, sappiamo quanto importanti. Insieme compiamo l’esercizio di guardare oltre e di guardare intorno, chiedendoci cosa il popolo porta nel cuore, quali le sue preoccupazioni e la sua ricerca, sempre coinvolti dalla compassione di Gesù per le pecore stanche e sfinite perché senza pastore. Altrimenti tutto si esaurisce nelle discussioni interne e non nel ripensare l’interno in chiave missionaria, di farlo sulle nostre misure e non cambiare queste su quanto è richiesto.

Un orizzonte pieno d’interrogativi

Alzando gli occhi all’orizzonte vediamo i lampi della guerra in Ucraina, iniziata dall’invasione russa di uno Stato indipendente. È una storia espressione di una crisi gravissima nelle relazioni internazionali, tanto da avere sullo sfondo persino la minaccia atomica. Non possiamo abituarci a convivere con la guerra in Ucraina. Non possiamo accettare l’indifferenza, evidente o raffinata, come se la guerra fosse una malattia ineluttabile. Papa Francesco – cui inviamo la manifestazione del nostro affetto, della nostra comunione e del nostro comune sentire – ha affermato con il suo profondo pathos per la pace: «…con la guerra siamo tutti sconfitti! Tutti noi, in qualsiasi ruolo, abbiamo il dovere di essere uomini di pace. Nessuno escluso! Nessuno è legittimato a guardare da un’altra parte». Ribadiamo la necessità della pace e l’urgenza di raggiungerla innanzitutto per amore del popolo ucraino! Ogni giorno che passa significa morte, lutto, odio. La guerra è terribile, contagia nel mondo globale, provoca tante sofferenze nel mondo intero, come vediamo con la crisi alimentare che fa pagare un prezzo a popolazioni inermi e lontane, causa un riarmo preoccupante e pericolose, insieme a ricadute belliche in altre parti del mondo come la Siria o il Caucaso. Il mondo deve porre fine a questa guerra e affrontare seriamente gli altri conflitti aperti, che sono meno sotto gli occhi di tutti, ma pure così dolorosi. Con sgomento assistiamo all’uccisione dei sogni delle giovani generazioni e sentiamo il dovere di esprimere la solidarietà verso questa gente che chiede libertà e giustizia.
Sorge la domanda profonda e urgente per tutti, specialmente per i credenti: che significa essere uomini e donne di pace? Cosa significa educare alla pace ed essere artigiani di pace? Il Papa ci offre un esempio con le sue parole e i suoi gesti. I suoi insistenti inviti, le sue riflessioni e appelli, la sua commozione nel giorno dell’Immacolata esprimono l’ansia personale e l’urgenza della pace. Nel recente discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede (12 gennaio 2023), il Papa ha ricordato che la pace è possibile alla luce di quattro beni fondamentali: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà.
Ma l’interrogativo riguarda la Chiesa e noi tutti. Anzitutto la nostra preghiera, lamento di intercessione innanzi a Dio e protesta contro la guerra. Le nostre comunità, le nostre liturgie domenicali, debbono risuonare insistentemente di preghiera per la pace. Mai dimenticare la forza della preghiera: questa dimensione orante, tanto decisiva nella Chiesa che Clemente di Alessandria chiamava eirenikòn genos, una stirpe pacifica.

Minoranza creativa e Chiesa di popolo

Un’intuizione importante, che Benedetto XVI ha proposto all’attenzione della Chiesa, è quella delle minoranze creative. Colgo l’occasione di questo richiamo, per esprimere il nostro dolore per la sua recente scomparsa, nonostante fosse “sazio di anni” e di una vita carica di bene per la Chiesa, l’umanità, la cultura. Gli siamo grati per il suo servizio generoso alla Chiesa, per i suoi quasi otto anni di ministero come Vescovo di Roma, Primate d’Italia, Papa della Chiesa universale: ha amato l’Italia come sua seconda patria e la sua Chiesa. Anche se minoranza, la Chiesa non può cercare riparo nella chiusura, come se unica via sia estraniarsi dal mondo e la distanza garantisca la salvezza dell’identità. Non vogliamo nemmeno accettare svogliatamente di essere minoranza, in fondo con la paura di prenderci responsabilità e di essere creativi. Lo diventiamo se uniti e se pieni di Spirito, docili a questo anche per non finire catturati dalle preoccupazioni interne. Senza andare dove ci manda Gesù che ci ha chiamati per sederci con Lui, finiamo per discutere inevitabilmente su chi sia il più grande o del vittimismo di Marta. La minoranza non è solo l’espressione di una progressiva riduzione, ma esprime una volontà autentica di vivere il Vangelo, capace di energie di bene, che si riversano sulla società intera che è sempre il suo orizzonte. Del resto la nostra è una società di minoranze, di frammenti, se non di tante isole, le solitudini dell’“io”. E guai quando questo avviene anche nelle nostre comunità! La Chiesa deve ritessere il senso comunitario in una società dell’io e dell’estraneità, richiamando a un destino comune. Questa visione della minoranza creativa è tutt’altro che contraddittoria con quella di Chiesa di popolo di cui è testimone Francesco. Anch’essa è una realtà nel nostro Paese, come manifesta la pietà popolare. Una Chiesa di popolo è una realtà che non pone confini, “dogane” – disse all’inizio Francesco: una Chiesa di popolo per il popolo della città. Certamente ci interroga la flessione nella partecipazione dei cristiani alla Messa domenicale dopo la pandemia, ma dobbiamo sempre pensare che i nostri confini sono ben più larghi. La Chiesa non finisce sulle sue soglie.

 La Chiesa e il popolo italiano 

Quest’anno si compiono i settantacinque anni della Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1 gennaio del 1948, nata dal ripudio del fascismo e della guerra, ma anche dalla volontà di guardare insieme il futuro. Varie riforme sono possibili e in discussione, ma la principale resta viverne lo spirito e applicarla fino in fondo e in tutte le sue parti. Non è difficile vedere in essa il sentire comune profondo proprio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il valore normativo della persona motiva l’architettura dei poteri. Desidero ricordare anche come si compie quest’anno, nel mese di agosto, il centenario dell’omicidio di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta. Lo ricordiamo con rispetto e affetto, anche per dire che i sacerdoti sanno vivere e morire per il loro ministero. Lo abbiamo visto durante e dopo la seconda guerra mondiale, lo abbiamo vissuto di fronte alle minacce della mafia e della camorra. Scriveva don Minzoni: «A cuore aperto, con la preghiera che spero mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte, per il trionfo della causa di Cristo… La religione non ammette servilismi, ma il martirio». Così vivono e muoiono i preti. Questa memoria incoraggia noi preti italiani, che talvolta ci interroghiamo sul tanto lavoro e ci sentiamo quasi abbattuti: i nostri predecessori hanno resistito al male e hanno creato il bene in situazioni tanto difficili. Ci inseriamo in una lunga catena di servitori del Vangelo e del popolo italiano che si sono spesi con fedeltà e creatività sociale e pastorale.
La memoria di un altro prete, in tutt’altra situazione storica, di cui ricorre il centenario della nascita, don Lorenzo Milani, in questo 2023 ci aiuta a guardare il futuro. Di don Milani, ha detto Francesco: «La sua era un’inquietudine spirituale alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come un “ospedale da campo” per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati», specialmente i giovani. La sua memoria ci aiuta ad avere rinnovata passione per i giovani.

Tante volte i Vescovi italiani sono intervenuti sulla scuola e sull’emergenza educativa. La scuola è il laboratorio del futuro di un Paese, in cui si prepara il domani e dove vanno investite le energie migliori e le risorse necessarie. In essi si rivela il desiderio di futuro e maggiore pressione sugli adulti perché prendano subito decisioni lungimiranti. Lo vediamo con le richieste – a volte scomposte – di rispettare il pianeta in cui viviamo. A questo proposito, Papa Francesco scrive nella Laudato si’: «La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. […] I giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa» (n. 209). Questo è il nostro compito di Pastori: un compito che riguarda la formazione della coscienza ad una ecologia integrale, che guarda all’ambiente ma soprattutto alle persone che in questo ambiente vivono. Si tratta di raccogliere la sfida di un cambio anche culturale in atto nel nostro Paese. Questo non riguarda solo i giovani, ma – direi – soprattutto gli adulti e gli educatori in genere. Da questo punto di vista, l’ampia rete delle scuole cattoliche dovrebbe essere percepita come un’alleata e non come una avversaria della scuola statale, anche creando sinergie, collaborazioni e progettualità comuni per la crescita del sistema scolastico ed educativo. In questo contesto, è importante ricordare anche il ruolo degli Insegnanti di religione cattolica, che hanno l’occasione straordinaria di intercettare le domande di senso dei ragazzi in età scolare e offrire loro chiavi di lettura importanti per tutta la loro vita. Vorrei ricordare anche il problema di tanti italiani che lasciano il Paese, spesso giovani: nel 2020, 160.000 persone, di cui 120.000 cittadini italiani. Ci dobbiamo interrogare su una società non accogliente verso i giovani. Perché accoglienza è parola chiave e spesso si ha paura di accogliere il futuro, che è la vita. È la paura dell’accoglienza alla vita, che porta tragicamente alla soppressione di essa nel grembo della madre.

 Una nuova stagione

Grandi e impegnative sfide per il bene dell’Italia aspettano il nuovo Governo, cui rinnovo i migliori auguri, assicurando che la Chiesa, in spirito di cooperazione, continuerà il suo impegno per l’intera comunità italiana, per i più deboli, per la coesione della società, per l’educazione e il bene comune. Guardando da vicino le persone che ci circondano, non possiamo non rilevare i morsi della crisi economica in atto. La povertà nel nostro Paese è aumentata in modo considerevole a partire dalla crisi del 2008 e con essa la diseguaglianza dei redditi, della ricchezza e delle opportunità. Prezioso è il lavoro che Caritas Italiana, con altri uffici della Conferenza Episcopale, sta facendo: un monitoraggio della situazione, avanzando anche proposte nel merito (Caritas, Rapporto sulle politiche di contrasto alla povertà in Italia). La pandemia, che ancora mostra temibili colpi di coda, è stata una calamità che ha provocato tante, troppe morti, e toccato con dolore tante famiglie e comunità. A motivo poi della crisi bellica il nostro Paese sta pagando gli aumenti dei costi dell’energia, che intaccano il potere d’acquisto di famiglie. Sentiamo decisiva la programmazione del PNRR e la preoccupazione che questo sia davvero la costruzione di un sistema e di strutture e infrastrutture capaci di dare sicurezza per il futuro, di vincere il precariato e offrire speranze e garanzie. Questo richiede una determinazione e una collaborazione unica, uno sguardo largo, verso il futuro, non ridotto al contingente e piegato a interessi di parte o speculativi. Di fronte alle povertà e alle fragilità diffuse nel nostro Paese, occorre poi una costante vicinanza delle nostre Chiese alle famiglie, alle imprese e al mondo del lavoro. Oggi un lavoratore su otto ha un ingaggio precario, mal pagato, che non consente un tenore di vita adeguato alla dignità della persona e alla costruzione di un progetto di vita personale e familiare. Le associazioni del mondo cattolico, del Terzo settore, e la stessa Conferenza Episcopale sono pronte a collaborare con le autorità competenti per valutare e proporre strumenti adeguati a disegnare un sistema di welfare che migliori le opportunità di inclusione sociale e lavorativa per ciascuno.

Tutti ci rendiamo conto di come il popolo italiano invecchi: la crisi demografica da tempo ci attanaglia. Già nel 2011, il Progetto culturale della CEI, aveva pubblicato un importante volume su Il Cambiamento demografico, con prefazione del Cardinale Ruini. È un tema che impegnerà anche questo Governo per cercare misure che favoriscano le nascite, pur consapevoli che per invertire il trend della natalità sarà necessario tanto tempo e dovremo passare attraverso un inverno demografico. La natalità è la proiezione di una società verso il futuro. Possiamo domandarci se sia un sintomo o una causa, ma in ogni caso la risposta che la comunità intera deve dare è invertire la rotta. Se vengono meno le risorse “nuove” di una società, sono a rischio la tenuta del welfare, la sostenibilità del sistema previdenziale, il sistema sanitario e il PIL non può che decrescere con conseguenze devastanti sotto il profilo dell’occupazione e dell’imprenditoria. Non c’è tempo per ulteriori ritardi nell’improntare una seria politica di rilancio della natalità a livello nazionale.

Con grande soddisfazione accolgo la volontà del Governo di riprendere le fila della legge delega per le politiche in favore delle persone anziane, cioè 14 milioni di cittadini, tesa a un riequilibrio fra spesa ospedaliera e servizi sul territorio, in una efficace integrazione sociale, sanitaria e assistenziale, un “continuum assistenziale” che inizia da servizi di rete e inclusione sociale e digitale, da una “assistenza domiciliare continuativa e veramente integrata”, da cure palliative, da centri diurni e, infine, da una residenzialità capace di cure di transizione da ospedale verso casa e capace di una presenza nei piccoli Comuni, incluse ovviamente le importanti aree interne che non devono essere dimenticate. È un elemento importante anche l’approvazione del piano di potenziamento delle cure palliative al fine di raggiungere, entro il 2028, il 90% della relativa popolazione, così come l’innalzamento delle pensioni minime, la revisione dei limiti per l’accesso alla pensione di donne e uomini, il mantenimento di meccanismi di flessibilità che promuovono la libertà di scelta del lavoratore, migliorando la sostenibilità del sistema.

Il Paese ha bisogno anche di rigenerare e mantenere nel tempo la propria vitalità sociale ed economica, favorendo con i mezzi più appropriati l’equilibrio demografico. La difficoltà, in particolare, nel raggiungere requisiti minimi rispetto al binomio lavoro e casa per diventare economicamente indipendenti e formare un nucleo familiare è tra le preoccupazioni maggiori che i giovani esprimono in tutte le indagini che sondano le loro condizioni, ad iniziare dal precariato del lavoro. Appare indispensabile un grande sforzo a riguardo per garantire sicurezza abitativa, capace di dare dignità alle persone e generare vita. Le nuove generazioni non devono essere vincolate ad adattarsi al mondo di oggi, a quello che il presente offre, ma incoraggiate a mantenere alta l’ambizione di cambiare la realtà per costruire un futuro più in sintonia con propri desideri e potenzialità.

Nel Messaggio per la Giornata della Vita abbiamo sottolineato come avanzi una cultura della morte: si risolvono i problemi eliminando le persone! Accogliere è parola decisiva nella nostra visione della vita orientata al futuro. Siamo tante volte intervenuti sulla questione dei migranti e dei rifugiati. Si tratta di comprendere con responsabilità e umanesimo un fenomeno che è una realtà del nostro mondo globale, da non gestire con paura e come un’emergenza, ma come un’opportunità. Tale problematica richiama la centralità della scuola, spazio decisivo d’integrazione nella cultura e nella lingua italiana, ma anche la necessità di maggiori flussi regolari di ingresso, di corridoi umanitari e ricongiungimenti familiari. Soprattutto è importante come accogliamo: non facciamo vivere umiliazione, tempi lunghi di attesa, viaggi infiniti, anticamere senza senso, marginalizzazione. Siamo consapevoli come queste e tante altre problematiche italiane non possano essere affrontate senza guardare all’Europa. È ovvio, ma va sempre ricordato. La Chiesa, così radicata nella storia e nella cultura europea, ricorda agli europei che non possono vivere per sé stessi. L’accoglienza dei migranti lavoratori chiede di essere organizzata su incontro fra domanda e offerta di lavoro. Non dimentichiamo anche il problema di 500.000 persone, anche lavoratori non regolari in Italia.

Le resistenze al Vangelo

Rileggendo il libro degli Atti colpiscono i fallimenti di Paolo: l’idea che il suo annuncio del Vangelo sia stato una cavalcata trionfale è impropria. Non possiamo nascondere che anche il nostro presente è disseminato di comportamenti e di eventi che contrastano chiaramente con il Vangelo. Penso alla questione della pedofilia, che purtroppo riguarda membri della Chiesa istituzionale o persone legate più o meno direttamente a noi, ma riguarda soprattutto tante donne e tanti uomini, nostre sorelle e nostri fratelli, che sono profondamente feriti da un male che ha le sue radici nell’uso distorto del potere e che mina alla radice la fiducia nella vita, negli altri, nella Chiesa, nel Signore stesso. Plaudo al lavoro svolto con sapienza dal Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori della CEI, che lo scorso 17 novembre ha presentato il Primo Report nazionale sulle attività di tutela nelle Diocesi italiane. Né va dimenticato l’accordo sottoscritto il 28 ottobre dalla CEI con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori per combattere in modo sempre più efficace gli abusi sessuali all’interno della Chiesa. Si tratta di passi, che come Chiesa in Italia dobbiamo e vogliamo continuare a compiere con fermezza per stare dalla parte dei più fragili e per far crescere una cultura caratterizzata dal rispetto, dalla cura e dalla tutela della dignità di ogni persona.

La predicazione del Vangelo

Guardando all’esperienza di Paolo, come emerge dal brano di Atti 18 e altrove, mi chiedo: cosa ha veramente fatto la differenza? Qual è l’eredità che lascia alla storia dopo di lui? L’autore di Atti scrive che quando si posero le condizioni favorevoli Paolo «cominciò a dedicarsi tutto alla Parola» (At 18,5). Da una parte lavora e fa di tutto per meritare l’accoglienza degli amici, dall’altra parte sa che la sua priorità consiste nel portare a tutti la luce della risurrezione di Cristo. Le sue energie devono essere spese per un compito alto: aiutare la gente di Corinto ad andare oltre gli affari e ad aprirsi a un orizzonte di trascendenza. In particolare, si tratta di predicare la Buona novella di Cristo, morto e risorto per tutti. Abbiamo appena celebrato la Domenica della Parola di Dio quest’anno dedicata al tema Bibbia e missione. L’annuncio del kerygma, di Gesù morto e risorto, continua a passare dalla testimonianza personale, da uno stile di vita coerente con il Vangelo. Si può anche non essere accettati, ma almeno si diventa un punto interrogativo e un indice rivolto verso l’alto. Tutti cercano sempre le risposte ai grandi interrogativi della vita.

Verso l’Assemblea Generale

Siamo decisamente in cammino verso la prossima Assemblea generale (22-25 maggio 2023). Alla luce del testo di Atti e delle riflessioni che ho appena condiviso, cosa possiamo fare perché questo appuntamento diventi una reale occasione di conversione ecclesiale? Il mio pensiero va ad un ripensamento anche della struttura della CEI, più capace di esprimere la centralità della Parola di Dio e di servire meglio le Chiese che sono in Italia e rinforzare e servire la collegialità tra noi. Ma questo lo dovremo fare insieme, perché la Conferenza Episcopale prima di essere una struttura è il segno della collegialità, della comunione, del camminare insieme. Espressione di quel “prendersi cura” di un popolo numeroso che ci è affidato. Il programma fondamentale del Concilio Vaticano II era mettere a contatto il Vangelo con il mondo, “a servizio” perché la Chiesa esiste per mettere a contatto il Vangelo con il mondo. Auspico che questo possa essere il desiderio di ciascuno di noi in questo tempo che ci è donato.

 23 Gennaio 2023

In cammino con fratel Biagio.

Ti accompagniamo, ti seguiamo, tutti. 
Un fiume in piena: laici, sacerdoti, religiosi, bambini, anziani, di tante culture, di diverse fedi. Camminiamo insieme, perché, con umiltà e concretezza, ci hai mostrato che "solo l'Amore è credibile" (von Balthasar).
Lunedì sera eravamo gli uni accanto agli altri, accanto a te, insieme, popolo di Dio in cammino, nello spirito del Sinodo, verso il Risorto.
Col nostro Arcivescovo eleviamo al Padre la nostra preghiera: 
"Donaci di camminare sempre con te, di camminare assieme tra di noi, e di camminare assieme a tutti coloro che non sono con noi, che sono lontani da noi, ma sono forse più vicini a te. Sarà questo o Padre il vero sinodo, il sinodo di una Chiesa nuova, di una Palermo nuova che non finiamo di sperare, ma per la quale dobbiamo continuare a lottare, con l’intemerata spudoratezza dei tuoi ‘santi folli’, dei tuoi giullari, la stessa temerarietà, la stessa follia di Biagio che da oggi è nelle tue mani e che pure tu ci lasci accanto come seme del Regno a Palermo e nel mondo. Accanto a noi, per sempre. Amen" (don Corrado Lorefice, omelia durante il rito delle esequie di fratel Biagio Conte, 17.1.23).
Folla alla fiaccolata per Biagio Conte

Apertura del Corso di formazione alla Sinodalità

Webinar di apertura del corso di formazione alla sinodalità promosso dalla Segreteria del Sinodo e dall' Università Sophia. Per stasera la partecipazione è libera.
Guarda su Youtube
 
 
 

Papa Francesco, Udienza Generale, 11 gennaio 2023

Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. La chiamata all’apostolato (Mt 9,9-13)

Piccola scuola di sinodalità: la proposta della Fondazione di Scienze Religiose (FSCIRE)

Un appuntamento settimanale dall’ 8 gennaio al 19 febbraio, al quale prenderanno parte Vescovi, teologi, docenti, esperti di diverse confessioni cristiane e fedi, per discutere di sinodo e sinodalità.

Il 12 febbraio interverrà anche mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo.

Sul sito dell’Arcidiocesi di Palermo è possibile trovare tutti i dettagli a questo link https://stampa.chiesadipalermo.it/piccola-scuola-di-sinodalita-dall8-gennaio-al-19-febbraio-2023-la-proposta-della-fondazione-di-scienze-religiose/

È una scuola, per cui è richiesta un’iscrizione gratuita. Per farlo, è sufficiente collegarsi a fscire.it o ai siti delle facoltà, riviste, comunità e reti che partecipano alla piccola scuola.

Formazione alla sinodalità. Una proposta in collaborazione tra la Segreteria generale dei Vescovi e l'Univesrità Sophia.

La segreteria generale del Sinodo dei Vescovi ha segnalato un corso di formazione sulla sinodalità aperto a tutti che si svolgerà online, tutti i lunedì e i martedì dal 17 gennaio al 22 giugno.

Si tratta di un corso aperto a tutti, promosso dal Centro di Alta specializzazione Evangelii Gaudium, centro di ricerca dell’Università Sophia di Loppiano.
Per conoscere costi, calendario e modalità di iscrizione è possibile collegarsi direttamente con la pagina dell’Università a questo link  https://www.sophiauniversity.org/it/centro-evangelii-gaudium/

giovani che riflettono

La scuola tra le diverse anime del cammino sinodale della Chiesa di Palermo

Nel solco del cammino sinodale avviato dall’Arcidiocesi di Palermo, ferve l’impegno per il “quarto cantiere” che si è voluto dedicare all’educazione, a seguito del processo di ascolto avviato nel corso del primo anno sinodale.

Per definizione l’educazione è risposta a bisogni, ma nella città di Palermo si registra una grave carenza di attenzione alle molteplici emergenze educative. C’è in gioco un impegno di fedeltà generazionale che ci impone di garantire, alle figlie e ai figli della nostra comunità sociale, una vita buona in un mondo bello.

Come ha ribadito Papa Francesco, “per educare un bambino serve un intero villaggio”, chiamando in causa tutti gli attori della società civile perché si impegnino a realizzare «un’alleanza generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana, nonché di dialogo tra le religioni» (cfr:  https://www.educationglobalcompact.org/).  Papa Francesco si rivolge al mondo intero. Palermo risponde con la mobilitazione di quanti desiderano contribuire a questa alleanza virtuosa. Il metodo non può che essere nella chiave della “complessità”. La pedagogia della complessità, cui ha dato uno straordinario contributo Edgar Morin, esige uno sguardo aperto e un fare cooperativo. La rete attraverso la quale attivare il “cantiere dell’educazione” non può che connotarsi per impegno sinergico inclusivo e proattivo. Da qui l’azione pastorale diocesana per la promozione di un laboratorio che veda lo sforzo congiunto tra le scuole statali, le scuole cattoliche paritarie e l’associazionismo cattolico, nonché il contributo del terzo settore e delle forze del welfare istituzionale.

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IV Domenica di Avvento

IV Domenica di Avvento

PAPA FRANCESCO Angelus, Piazza San Pietro

Cari sorelle e fratelli, buongiorno!

Oggi, quarta e ultima domenica di Avvento, la liturgia ci presenta la figura di San Giuseppe (cfr Mt 1,18-24). È un uomo giusto, che sta per sposarsi. Possiamo immaginare che cosa sogni per il futuro: una bella famiglia, con una sposa affettuosa e tanti bravi figli, e un lavoro dignitoso: sogni semplici e buoni, sogni della gente semplice e buona. Improvvisamente, però, questi sogni si infrangono contro una scoperta sconcertante: Maria, la sua promessa sposa, aspetta un bambino e questo bambino non è suo! Che cosa avrà provato Giuseppe? Sconcerto, dolore, smarrimento, forse anche irritazione e delusione… Ha sperimentato che il mondo gli crolla addosso! E che cosa può fare?

La Legge gli dà due possibilità. La prima è denunciare Maria e farle pagare il prezzo di una presunta infedeltà. La seconda è annullare il loro fidanzamento in segreto, senza esporre Maria allo scandalo e a conseguenze pesanti, prendendo però su di sé il peso della vergogna. Giuseppe sceglie questa seconda via, la via della misericordia. Ed ecco che, nel cuore della crisi, proprio mentre pensa e valuta tutto questo, Dio accende nel suo cuore una luce nuova: in sogno gli annuncia che la maternità di Maria non viene da un tradimento, ma è opera dello Spirito Santo, e il bambino che nascerà è il Salvatore (cfr vv. 20-21); Maria sarà la madre del Messia e lui ne sarà il custode. Al risveglio, Giuseppe capisce che il sogno più grande di ogni pio Israelita – essere il padre del Messia – si sta realizzando per lui in modo assolutamente inaspettato.

Per realizzarlo, infatti, non gli basterà appartenere alla discendenza di Davide ed essere un fedele osservante della legge, ma dovrà fidarsi di Dio al di là di tutto, accogliere Maria e suo figlio in modo completamente diverso da come si aspettava, diverso da come si era sempre fatto. In altre parole, Giuseppe dovrà rinunciare alle sue certezze rassicuranti, ai suoi piani perfetti, alle sue legittime aspettative e aprirsi a un futuro tutto da scoprire. E di fronte a Dio, che scombina i piani e chiede di fidarsi, Giuseppe risponde sì. Il coraggio di Giuseppe è eroico e si realizza nel silenzio: il suo coraggio è fidarsi, si fida, accoglie, è disponibile, non domanda ulteriori garanzie.

Fratelli, sorelle, che cosa dice Giuseppe oggi a noi? Noi pure abbiamo i nostri sogni, e forse a Natale ci pensiamo di più, ne parliamo insieme. Magari rimpiangiamo alcuni sogni infranti e vediamo che le migliori attese devono spesso confrontarsi con situazioni inattese, sconcertanti. E quando questo accade, Giuseppe ci indica la via: non bisogna cedere a sentimenti negativi, come la rabbia e la chiusura, questa è la via sbagliata! Occorre invece accogliere le sorprese, le sorprese della vita, anche le crisi, con un’attenzione: che quando si è in crisi non bisogna scegliere di fretta secondo l’istinto, ma lasciarsi passare al setaccio, come ha fatto Giuseppe, “considerare tutte le cose” (cfr v. 20) e fondarsi sul criterio di fondo: la misericordia di Dio. Quando si abita la crisi senza cedere alla chiusura, alla rabbia e alla paura, ma tenendo aperta la porta a Dio, Lui può intervenire. Lui è esperto nel trasformare le crisi in sogni: sì, Dio apre le crisi a prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo, magari non come noi ci aspettiamo, ma come Lui sa. E questi sono, fratelli e sorelle, gli orizzonti di Dio: sorprendenti, ma infinitamente più ampi e belli dei nostri! La Vergine Maria ci aiuti a vivere aperti alle sorprese di Dio.

 

Fase continentale europea del Sinodo

Comunione, partecipazione, missione. Sono queste le tre parole chiave che guideranno la fase continentale del Sinodo per quanto riguarda l’Europa, che si svolgerà a Praga dal 5 al 12 febbraio prossimo. L’evento, che è stato presentato in mattinata nella sede di Radio Vaticana - Vatican News, e che è organizzato dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE), dalla Conferenza episcopale ceca e all’arcidiocesi di Praga, prende le mosse dal Documento per la tappa continentale, pubblicato di recente e che riunisce le riflessioni del popolo di Dio sui temi sinodali a livello nazionale e diocesani.

III Domenica di Avvento

Sulla nostra corona di Avvento scintillano tre candele e una è di colore rosa. Questa settimana ci parla di gioia: Natale è sempre più vicino, il presepe è stato allestito e intorno alla culla ancora vuota del Bambino si dispongono i pastori, i protagonisti di questi giorni. Ci invitano a unirci a loro con lo stesso cuore leggero e pieno di letizia

Con padre Puglisi nel cammino sinodale

Sabato dieci dicembre alle 12:00, presso il palazzo arcivescovile di Palermo, la Consulta delle Aggregazioni Laicali si ferma con il vescovo Corrado per riflettere sul cammino sinodale nella nostra Diocesi, nel segno del beato Puglisi. Le associazioni, i movimenti e le comunità saranno invitate a meditare sulla seconda fase del cammino sinodale insieme a don Giuseppe Vagnarelli, Direttore dell'Ufficio Pastorale e referente diocesano del Sinodo, e alla Prof.ssa Anna Maria Abramonte, amica di don Pino Puglisi e Direttrice del Centro diocesano a lui intitolato. 

Giornata di Preghiera per il Sinodo

Giornata di Preghiera per il Sinodo

Seconda domenica di Avvento

In occasione della seconda Domenica di #Avvento siamo invitati a preparare la strada per la venuta di Cristo. Signore, faccia che possiamo abbracciare questa chiamata a #camminareinsieme in una speranza incessante, mentre prepariamo i nostri cuori ad accoglierti con stupore e gioia.
«L’Avvento è un incessante richiamo alla speranza:
ci ricorda che Dio è presente nella storia per condurla
al suo fine ultimo, per condurla alla sua pienezza,
che è il Signore, il Signore Gesù Cristo».
Papa Francesco
Angelus, 29 novembre 2020

Messaggio di Avvento di Mons. Corrado Lorefice

Mons. Corrado Lorefice scrive un Messaggio per l'Avvento, in cui ricorda al Popolo di Dio che "l'Avvento disegna il volto di una Chiesa che coniuga strada e mensa, sinodalità e sinassi". Ascoltiamo la voce del nostro Pastore, in apertura del nuovo tempo liturgico e mentre prende avvio la seconda fase del cammino sinodale nella Diocesi di Palermo, fiduciosi che lo Spirito di Dio "rigenera in noi nuove energie, nuove visioni". 

DALLA CEI “I CANTIERI DI BETANIA”

La CEI, da pochi giorni, ha pubblicato il documento “I cantieri di Betania”, col quale offre, alle chiese locali, le prospettive per proseguire il cammino sinodale in questo secondo anno. Il testo parte da quanto è emerso dalla consultazione del Popolo di Dio. Il documento propone l’immagine del “cantiere”, calandolo in tre diversi contesti: “la strada e il villaggio”, “l’ospitalità e la casa”, “le diaconie e la formazione spirituale”; un quarto spazio di lavoro è lasciato ad una specificità emersa nella prima fase di ascolto in ogni diocesi.

Quella del cantiere è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto ed esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per la successiva fase sapienziale. (I cantieri di Betania, 5)

Una occasione da non sprecare, questo nuovo step, per raggiungere e lasciarsi raggiungere da quanti non sono stati ancora coinvolti nel cammino sinodale.

La condivisione di “buone pratiche” attraverso gli strumenti di comunicazione disponibili, a partire dal sito della CEI dedicato, può aiutare l’edificazione vicendevole delle varie realtà locali. Alla fine del testo, con uno sguardo al Congresso Eucaristico Nazionale di Matera del settembre p.v., troviamo l’invito a ricomprendere sempre più profondamente la celebrazione eucaristica come vero paradigma della sinodalità.

CLICCA QUI PER LEGGERE IL TESTO

Il contributo delle persone con disabilità al Sinodo sulla sinodalità

La Chiesa è la vostra casa

19 maggio 2022

Si è svolta ieri pomeriggio una sessione di ascolto online, di circa due ore, sul tema “La Chiesa è la vostra casa. Il contributo delle persone con disabilità al Sinodo sulla sinodalità” promossa dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita in collaborazione con la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

La sessione, alla quale hanno partecipato rappresentanti di conferenze episcopali ed associazioni internazionali, aveva l'obiettivo di "dare voce" direttamente alle persone con disabilità, fedeli spesso al margine delle nostre Chiese. Benché molte di esse siano state già coinvolte negli incontri promossi da parrocchie, diocesi ed associazioni, la riunione è stata di fatto il lancio di un vero e proprio processo sinodale internazionale a loro dedicato.

In una dinamica di dialogo, i circa 30 partecipanti con disabilità sensoriali, fisiche o cognitive - collegati da più di 20 paesi del mondo - hanno potuto esprimersi nelle loro lingue (tra le quali tre lingue dei segni) in vista della redazione comune di un documento per rispondere alla domanda fondamentale del Sinodo: Come stiamo camminando con Gesù e con i fratelli per annunciarlo? Per il domani, che cosa lo Spirito sta chiedendo alla nostra Chiesa per crescere nel cammino con Gesù e con i fratelli per annunciarlo?

Quattro commoventi testimonianze dalla Liberia, dall’Ucraina, dalla Francia e dal Messico hanno attirato l’attenzione sulla necessità di superare discriminazione, esclusione, paternalismo. Molto toccanti le parole di una catechista francese con sindrome di Down: “Alla nascita, avrei potuto essere abortita. Sono felice di vivere”, ha raccontato, “Amo tutti e ringrazio Dio di avermi creata”. Consacrata, ha ricevuto dal suo vescovo un doppio mandato: la preghiera e l’evangelizzazione.  

In apertura, il Card. Mario Grech, Segretario Generale della Segreteria del Sinodo dei Vescovi, ha condiviso la sua personale esperienza: “Ho un debito verso le persone con disabilità. È stata una di esse che mi ha messo sul cammino della vocazione sacerdotale. Se viene scartato il volto del fratello o della sorella disabile, è la Chiesa che diventa disabile”.

Il Segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, P. Alexandre Awi Mello, ha detto ai partecipanti che nel processo sinodale la sfida è quella di “superare ogni pregiudizio di chi ritiene che chi ha delle difficoltà ad esprimersi non abbia un pensiero proprio, né nulla di interessante da comunicare”.

In chiusura, Sr. Nathalie Becquart, Sottosegretario della Segreteria del Sinodo dei Vescovi, ha proposto ai partecipanti di osservare un momento di silenzio, per “sentire - ha detto - come lo Spirito Santo ha parlato ad ognuno”. Ci sono tesori di umanità che sono stati condivisi e sono offerti alla Chiesa.

I partecipanti sono stati invitati ad elaborare nei prossimi mesi un documento comune a partire dalle loro esperienze e dalla conoscenza del mondo della disabilità che hanno maturato in prima persona e attraverso il loro impegno pastorale. Il documento sarà poi consegnato alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi perché ne tenga conto nel prosieguo del cammino sinodale.

L’incontro si inserisce in un percorso avviato nel dicembre 2021 dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita con la campagna video #IamChurch, sul protagonismo ecclesiale delle persone con disabilità e vuole essere una risposta all’appello del Papa in Fratelli Tutti (n.98) allorché invita le comunità a "dare voce" a quegli «“esiliati occulti” …che sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare». L’obbiettivo – continua il Santo Padre – non è solo l'assistenza, ma la «partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale.”

Il processo si concluderà nei prossimi mesi con un incontro in presenza a Roma.

Fonte: synod.va

 

A Roma il secondo incontro dei referenti diocesani.

Nuovo appuntamento per i referenti diocesani del Cammino sinodale che, a distanza di due mesi, si ritrovano a Roma per il loro secondo incontro nazionale. Si è aperta ieri sera, 13 maggio, la riunione alla quale partecipano 242 referenti (laici, presbiteri e diaconi, consacrate e consacrati) e 12 Vescovi delegati dalle Conferenze Episcopali Regionali.
L’incontro rappresenta un momento di condivisione delle istanze messe in luce dalle sintesi diocesane, che hanno raccolto le esperienze, le idee e le attese emerse durante la prima fase di ascolto portata avanti sui territori.
“Nonostante la pandemia abbia rallentato, almeno nei mesi invernali, il percorso avviato in autunno, abbiamo ‘scaldato i motori’ e le nostre diocesi hanno vissuto il percorso con crescente entusiasmo; ne fanno fede i circa cinquantamila incontri sinodali, confluiti nelle duecento sintesi diocesane”, sottolinea Mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, vicepresidente CEI e membro del Gruppo di coordinamento nazionale del Cammino sinodale. “È presto – aggiunge – per dire quali saranno le traiettorie sulle quali si concentrerà il secondo anno del Cammino italiano. Alcune convergenze si sono delineate: si potrebbe dire che il magistero di Papa Francesco, con le sue sottolineature della gioia, dell’ascolto, della leggerezza, delle periferie e della bellezza, risuona in tutti i contributi, sotto forma di esperienze narrate, proposte e critiche”.
La riflessione che chiude il primo anno del percorso sinodale e avvia, a partire da settembre, il secondo che completa la “fase narrativa”, proseguirà durante l’Assemblea Generale della CEI, in programma dal 23 al 27 maggio. Il Cammino sinodale sarà infatti uno dei temi all’ordine del giorno dell’Assemblea, alla quale prenderanno parte anche due delegati individuati dalle Conferenze episcopali regionali e chiamati a portare il loro contributo al confronto. “In questo modo è la rappresentanza dell’intero popolo di Dio, nelle sue componenti, a leggere quanto lo Spirito sta dicendo alle nostre Chiese”, rileva Mons. Castellucci ricordando che “a fine maggio verranno riconsegnate ai territori, per un ulteriore discernimento, le proposte su cui avviare il secondo anno di ascolto capillare”. Queste saranno consegnate ufficialmente alle Chiese locali in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale (Matera, 22-25 settembre).

Fonte: camminosinodale.chiesacattolica.it

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La Chiesa di Palermo in Assemblea Presinodale diocesana, l’Arcivescovo Corrado: “Una grande opportunità, quella di una Chiesa che ascolta tutti, proprio tutti”

L'assemblea si è riunita venerdì 29 aprile presso il "Centro Gesù liberatore" di via Fondo di Margifaraci

L’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ha riunito presso il Centro Gesù Liberatore di via Fondo di Margifaraci l’Assemblea diocesana Presinodale: insieme all’Equipe diocesana del Sinodo è stata l’occasione per fare il punto sul cammino fin qui svolto e per tracciare la nuova fase del cammino della nostra Chiesa locale.

All’Assemblea è stato chiamato a partecipare tutto il popolo di Dio, a partire da quanti hanno ruoli di responsabilità, coordinamento e collaborazione ad ogni livello, così come ogni persona che si è lasciata coinvolgere nel cammino sinodale.

Come spiega Milena Libutti, Referente diocesana per il Sinodo con don Giuseppe Vagnarelli, «nella prima fase del cammino sinodale che si è conclusa il 31 marzo abbiamo interpellato le parrocchie, le realtà religiose, gli uffici e gli organismi della Curia, la Consulta delle aggregazioni laicali, le confraternite e il mondo delle associazioni e dei movimenti, ma sono state ascoltate diverse altre realtà (scuola, sanità, terzo settore, istituti di detenzione, etc..). In questo lavoro è stato fondamentale il ruolo dei “facilitatori” che hanno accompagnato l’ascolto di questa prima fase del cammino sinodale; la cui sintesi verrà presentata domani all’Assemblea. La ricchezza dei contributi che abbiamo ricevuto è veramente importante, c’è un elemento comune che lega tutte le risposte che abbiamo accolto, ed è il diffuso apprezzamento del metodo dell’ascolto della vita delle persone. Metodo proprio di questo cammino sinodale».

«Il punto è proprio questo – dice Don Giuseppe – il cammino sinodale delle Chiese d’Italia riguarda non solo la realtà ecclesiale in senso stretto ma l’intera società: si tratta di ascoltare tutti prima che di voler essere ascoltati. Siamo riusciti ad avere contributi dal mondo del carcere, dalla scuola, dalla pubblica amministrazione (ad esempio, risposte ci sono arrivate da alcuni consigli comunali) e abbiamo ricevuto apprezzamento per come il cammino sinodale si sta rivelando una concreta occasione di incontro e di scambio di esperienze oltre che di suggerimenti per iniziare a guardare insieme ai passi successivi da compiere. Domani vivremo una tappa significativa del cammino condiviso con tutte le Chiese italiane, un cammino lungo che culminerà con il Giubileo del 2025; da domani si apre una nuova fase, in cui saremo chiamati a riflettere sui temi che l’Assemblea dei Vescovi italiani del prossimo mese di maggio ci restituirà».

Per l’Arcivescovo Corrado Lorefice “Dire Sinodo vuol dire tornare alle origini della nostra identità ecclesiale, perché significa che affrontando questo cammino – quello sinodale – ci riappropriamo della bellezza del nostro Battesimo. Stiamo poi vivendo una grande opportunità perché questo Sinodo vuole riscoprire la grande responsabilità di tutti i battezzati nell’annunciare e testimoniare la Chiesa in questo nostro tempo, una Chiesa che sia comunità, all’interno della quale è sempre più vivo il senso di partecipazione in ordine alla missione stessa della Chiesa, quella di condividere il Vangelo con ogni uomo e con ogni donna. Ecco la bellezza di questo cammino, quella di una comunità cristiana che si rimette in ascolto innanzitutto del suo Signore e poi ascolta tutti, ma proprio tutti, anche coloro che non hanno una partecipazione attiva – magari sporadica – alle nostre comunità; anche coloro che, lontani dalla Chiesa seppur battezzati, possono offrire molto in questo momento”.

Fonte: chiesadipalermo.it

Pensare la Chiesa sinodale

Incontro delle Commissioni della Segreteria Generale del Sinodo

Roma, Casa La Salle, 25-29 aprile 2022

Allorché, in diverse parti del mondo, le sessioni di ascolto del Popolo di Dio volgono a termine e che le varie istanze ecclesiali si avviano a tirare le fila del loro discernimento comunitario, i membri (circa 60) delle quattro commissioni (Teologica, Spiritualità, Metodologica, Comunicazione) della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi si sono incontrati a Roma per approfondire alcuni aspetti del documento di riferimento del cammino sinodale: la Costituzione Apostolica del 2018, Episcopalis Communio.

“Vi chiedo di armonizzare Episcopalis Communio con il processo sinodale che è iniziato. Non di armonizzare il processo in corso con la Costituzione Apostolica. Dobbiamo aver il coraggio di immaginare, di seguire lo Spirito che guida la Chiesa nella riscoperta della sua dimensione sinodale”, ha detto il Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, aprendo l’incontro.

Nei cinque giorni di lavori, i partecipanti hanno così discusso alcuni punti nodali emersi durante il cammino finora svolto: il sensus fidei fidelium, ossia il contributo della fede del Popolo di Dio al magistero ecclesiale; quello della collegialità episcopale, del primato pietrino in relazione alla sinodalità ecclesiale; la relazione tra discernimento e consenso ecclesiale; o ancora la natura consultativa o deliberativa delle assise sinodali.
Particolare attenzione è stata data inoltre alla dimensione missionaria della Chiesa e alle sue strutture sinodali.

I lavori, svolti in un clima di fraternità e condivisione, sono stati scanditi da momenti di preghiera, sessioni plenarie e lavori di gruppo.

Il contenuto delle varie sessioni di lavoro verrà pubblicato a tempo debito per condividere con l’insieme della Chiesa le riflessioni svolte.

Fonte: synod.va

La Chiesa di Palermo in Assemblea Presinodale diocesana

Venerdì 29 aprile alle ore 17 presso il "Centro Gesù liberatore" di via Fondo di Margifaraci

L’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ha convocato per venerdì 29 aprile alle ore 17.00 presso il Centro Gesù Liberatore di via Fondo di Margifaraci l’Assemblea diocesana Presinodale: con l’Equipe diocesana del Sinodo sarà l’occasione per fare il punto sul cammino fin qui svolto e per tracciare la nuova fase del cammino della nostra Chiesa locale.

All’Assemblea (ci si è iscritti attraverso un modulo offerto sui siti www.camminosinodalepalermo.it e www.chiesadipalermo.it) è stato chiamato a partecipare tutto il popolo di Dio, a partire da quanti hanno ruoli di responsabilità, coordinamento e collaborazione ad ogni livello, così come ogni persona che si è lasciata coinvolgere nel cammino sinodale.

Come spiega Milena Libutti, Referente diocesana per il Sinodo con don Giuseppe Vagnarelli, «nella prima fase del cammino sinodale che si è conclusa il 31 marzo abbiamo interpellato le parrocchie, le realtà religiose, gli uffici e gli organismi della Curia, la Consulta delle aggregazioni laicali, le confraternite e il mondo delle associazioni e dei movimenti, ma sono state ascoltate diverse altre realtà (scuola, sanità, terzo settore, istituti di detenzione, etc..). In questo lavoro è stato fondamentale il ruolo dei “facilitatori” che hanno accompagnato l’ascolto di questa prima fase del cammino sinodale; la cui sintesi verrà presentata domani all’Assemblea. La ricchezza dei contributi che abbiamo ricevuto è veramente importante, c’è un elemento comune che lega tutte le risposte che abbiamo accolto, ed è il diffuso apprezzamento del metodo dell’ascolto della vita delle persone. Metodo proprio di questo cammino sinodale».

«Il punto è proprio questo – dice Don Giuseppe – il cammino sinodale delle Chiese d’Italia riguarda non solo la realtà ecclesiale in senso stretto ma l’intera società: si tratta di ascoltare tutti prima che di voler essere ascoltati. Siamo riusciti ad avere contributi dal mondo del carcere, dalla scuola, dalla pubblica amministrazione (ad esempio, risposte ci sono arrivate da alcuni consigli comunali) e abbiamo ricevuto apprezzamento per come il cammino sinodale si sta rivelando una concreta occasione di incontro e di scambio di esperienze oltre che di suggerimenti per iniziare a guardare insieme ai passi successivi da compiere. Domani vivremo una tappa significativa del cammino condiviso con tutte le Chiese italiane, un cammino lungo che culminerà con il Giubileo del 2025; da domani si apre una nuova fase, in cui saremo chiamati a riflettere sui temi che l’Assemblea dei Vescovi italiani del prossimo mese di maggio ci restituirà».

Fonte: chiesadipalermo.it

 

Lettera ai sacerdoti

Il segretario generale del Sinodo dei Vescovi e il prefetto della Congregazione per il Clero scrivono a tutti i preti del mondo, sollecitandoli a proseguire senza timori nel cammino di ascolto del Popolo di Dio, radicati nella Parola e superando il rischio di autoreferenzialità, immobilismo, intellettualismo.

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Lettera rivolta ai sacerdoti dal Card. Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e dall'Arcivescovo-Vescovo emerito di Daejeon Lazzaro You Heung Sik, Prefetto per la Congregazione per il Clero

Cari Sacerdoti,

Eccoci, due fratelli vostri, sacerdoti anche noi! Possiamo chiedervi un attimo di tempo?

Vorremmo parlarvi di un argomento che ci tocca tutti.

«La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo». Inizia con queste parole il Documento Preparatorio del Sinodo 2021-2023. Per due anni l’intero Popolo di Dio è invitato a riflettere sul tema Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Si tratta di una novità che può suscitare entusiasmo e anche perplessità.

Eppure «nel primo millennio, “camminare insieme”, cioè praticare la sinodalità, è stato il modo di procedere abituale della Chiesa». Il Concilio Vaticano II ha rimesso in luce questa dimensione della vita ecclesiale, tanto importante che san Giovanni Crisostomo ha potuto affermare: «Chiesa e Sinodo sono sinonimi» (Explicatio in Psalmum 149)

Si sa che il mondo di oggi ha urgente bisogno di fraternità. Senza rendersene conto, anela a incontrare Gesù. Ma come far sì che questo incontro avvenga? Abbiamo bisogno di metterci in ascolto dello Spirito insieme a tutto il Popolo di Dio, così da rinnovare la nostra fede e trovare vie e linguaggi nuovi per condividere il Vangelo con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Il processo sinodale che Papa Francesco ci propone ha proprio questo obiettivo: metterci in cammino, insieme, nell’ascolto reciproco, nella condivisione di idee e progetti, per far vedere il vero volto della Chiesa: una “casa” ospitale, dalle porte aperte, abitata dal Signore e animata da rapporti fraterni.

Perché non si cada nei rischi evidenziati da Papa Francesco – cioè il formalismo che riduce il Sinodo ad uno slogan vuoto, l’intellettualismo, che fa del Sinodo una riflessione teorica sui problemi e l’immobilismo, che ci inchioda alla sicurezza delle nostre abitudini perché nulla cambi – è importante aprire il cuore e metterci in ascolto di ciò che lo Spirito suggerisce alle Chiese (cf. Ap 2,7).

Evidentemente, davanti a questo cammino, ci possono assalire dei timori.

Innanzi tutto, ci rendiamo ben conto che i sacerdoti in molte parti del mondo stanno già portando un grande carico pastorale. E adesso – può sembrare –  si aggiunge un’ulteriore cosa “da fare”. Più che invitarvi a moltiplicare le attività, vorremmo incoraggiarvi a guardare le vostre comunità con quello sguardo contemplativo di cui ci parla Papa Francesco nell’ Evangelii gaudium (n. 71) in modo da scoprire i tanti esempi di partecipazione e di condivisione che stanno già germogliando nelle vostre comunità. L’attuale fase diocesana del processo sinodale si propone infatti di «raccogliere la ricchezza delle esperienze di sinodalità vissuta» (Doc. prep., 31). Siamo certi che ce ne sono molte di più di quelle che può sembrare a prima vista, magari anche informali e spontanee. Ovunque ci si ascolta profondamente, si impara l’uno dall’altro, si valorizzano i doni degli altri, ci si aiuta e si prendono le decisioni insieme, c’è già sinodalità in atto. Tutto questo va preso in rilievo e apprezzato, in modo da sviluppare sempre più quello stile sinodale che è «lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio» (Doc. prep., 10).

Ma ci può essere anche un altro timore: se si sottolineano tanto il sacerdozio comune dei battezzati e il sensus fidei del Popolo di Dio, cosa sarà del nostro ruolo di guida e della nostra specifica identità di ministri ordinati? Si tratta, senza dubbio, di scoprire sempre più l’uguaglianza fondamentale di tutti i battezzati e di stimolare tutti i fedeli a partecipare attivamente al cammino e alla missione della Chiesa. Avremo così la gioia di trovarci a fianco fratelli e sorelle che condividono con noi la responsabilità per l’evangelizzazione. Ma in questa esperienza di Popolo di Dio potrà e dovrà venire in rilievo in modo nuovo anche il peculiare carisma dei ministri ordinati di servire, santificare e animare il Popolo di Dio.

In questo senso vorremmo pregarvi di dare in particolare un triplice contributo all’attuale processo sinodale:

  • Far di tutto perché il cammino poggi sull’ascolto e sulla vita della Parola di Papa Francesco così ci ha recentemente esortati: «appassioniamoci alla Sacra Scrittura, lasciamoci scavare dentro dalla Parola, che svela la novità di Dio e porta ad amare gli altri senza stancarsi» (Francesco, Omelia per la domenica della Parola di Dio, 23 gennaio 2022).

Senza questo radicamento nella vita della Parola, rischieremmo di camminare nel buio e le nostre riflessioni potrebbero trasformarsi in ideologia. Basandoci invece sulla messa in pratica della Parola costruiremo la casa sulla roccia (cf. Mt 7, 24-27) e potremo sperimentare, come i discepoli di Emmaus, la luce e la guida sorprendente del Risorto.

  • Adoperarci perché il cammino si contraddistingua per il reciproco ascolto e la vicendevole Prima ancora dei risultati concreti, sono già un valore il dialogo profondo e l’incontro vero. Sono molte, infatti, le iniziative e le potenzialità nelle nostre comunità, ma troppo spesso singoli e gruppi corrono il rischio dell’individualismo e dell’autoreferenzialità. Col suo comandamento nuovo, Gesù ci ricorda che «da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Come pastori possiamo fare molto perché l’amore risani le relazioni . e guarisca le lacerazioni che spesso intaccano anche il tessuto ecclesiale, affinché ritorni la gioia di sentirci un’unica famiglia, un solo popolo in cammino, figli dello stesso Padre e quindi fratelli tra noi, a cominciare dalla fraternità fra noi sacerdoti.
  • Aver cura che il cammino non ci porti allintrospezione ma ci stimoli ad andare incontro a tutti. Papa Francesco, nell’Evangelii gaudium, ci ha consegnato il sogno di una Chiesa che non teme di sporcarsi le mani coinvolgendosi nelle ferite dell’umanità, una Chiesa che cammina in ascolto e al servizio dei poveri e delle periferie. Questo dinamismo “in uscita” incontro ai fratelli, con la bussola della Parola e il fuoco della carità, realizza il grande progetto originario del Padre: «tutti siano una cosa sola» (Gv 17, 21). Nella sua ultima Enciclica Fratelli tutti Papa Francesco ci chiede di impegnarci per questo insieme anche ai nostri fratelli e alle nostre sorelle di altre Chiese, ai fedeli delle altre religioni e a tutte le persone di buona volontà: la fraternità universale e l’amore senza esclusioni, che tutto e tutti deve abbracciare. Come servitori del Popolo di Dio siamo in una posizione privilegiata per far sì che ciò non rimanga un orientamento vago e generico, ma si concretizzi là dove

Carissimi  fratelli Sacerdoti, siamo certi che a partire da queste  priorità troverete  il modo di dar vita anche a specifiche iniziative,  a seconda delle necessità e possibilità perche la sinodalità è veramente la chiamata di Dio per la Chiesa del terzo millennio. Incamminarci  in  questa direzione non sarà esente da domande, fatiche e sospensioni, ma possiamo confidare che ci ritornerà il centuplo in fraternità e in frutti di vita evangelica. Basti pensare al primo Sinodo di Gerusalemme (cf. Atti 15). Chissà quanta fatica c’era dietro le quinte! Ma sappiamo  quanto decisivo fu quel momento per la Chiesa nascente.

Concludiamo questa nostra lettera con due passaggi del Documento Preparatorio che ci potranno ispirare e accompagnare quasi come un Vademecum.

«La capacità di immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta dipende in larga parte dalla scelta di avviare processi  di ascolto, dialogo e discernimento comunitario, a cui tutti e ciascuno possano partecipare e contribuire» (n. 9).

«Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma ”far germogliare sogni, suscitare profezie  e  visioni,  far  fiorire  speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare  un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”» (n. 32).

Ringraziandovi per la vostra attenzione, vi assicuriamo la nostra preghiera e auguriamo a voi e alle vostre comunità un gioioso e fecondo cammino sinodale. Sappiateci vicini e in cammino con voi! E accogliete, attraverso di noi, la gratitudine anche di Papa Francesco che vi sente molto vicini.

Affidando ognuno di voi alla Beata Vergine Maria del Buon Cammino, vi salutiamo cordialmente nel Signore Gesù.

Vaticano, 19 marzo 2022

Prot. n. 220083

Oggi e domani incontro a Roma dei referenti diocesani

Il 18 e il 19 marzo si terrà, a Roma, il primo incontro nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale, in presenza. Dopo gli appuntamenti online che hanno permesso al Gruppo di Coordinamento Nazionale di confrontarsi con i rappresentanti di tutte le regioni, la tappa residenziale romana sarà un’importante occasione per dialogare insieme e per raccontare il percorso fatto finora. Un focus sarà dedicato alla questione delle sintesi. Dopo il saluto di mons. Stefano Russo, Segretario Generale della CEI, e l’introduzione di mons. Valentino Bulgarelli, Sottosegretario della CEI e Segretario del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ci sarà spazio per gli interventi e il dibattito. L’incontro, sottolinea mons. Erio Castellucci, Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi e Vice Presidente della CEI, “vuole anche essere una sosta che aiuta l’ascolto delle nostre comunità; un momento di spiritualità che ci permetterà di connetterci a quella comunione profonda che dà linfa al nostro camminare”.

Fonte: camminosinodale.chiesacattolica.it

Papa Francesco insieme ai religiosi

Incontro internazionale con i referenti per il sinodo della Vita Consacrata

Mercoledì 16 marzo si è svolto un incontro online rivolto ai referenti per il sinodo della Vita Consacrata, organizzato dalla Segreteria del Sinodo dei Vescovi. Alla presenza del Card. Mario Grech e di sr. Nathalie Becquart, X.M.C.J, vi è stato un’interessante momento di ascolto e condivisione di questa prima fase del cammino sinodale che stiamo vivendo. Un incontro internazionale in italiano, francese, inglese e spagnolo, al quale hanno preso parte religiosi dei vari continenti. Il 23 c.m. vi sarà ancora la possibilità di partecipare ad un incontro di questo tipo per quanti non hanno potuto il 16.

INSIEME PER LA PACE SUL SAGRATO DELLA CATTEDRALE

Il pianto delle madri ucraine, come quello delle madri russe si eleva a Dio e non può restare inascoltato. In molti Paesi, guerre insensate mettono gli esseri umani l’un contro l’altro. La Chiesa, anche attraverso il cammino sinodale che stiamo facendo, ci invita a riscoprire la bellezza e la ricchezza del dialogo, della diversità, del camminare insieme secondo il progetto di comunione del Creatore, sappiamo che la guerra è una follia, come ci ha ricordato Papa Francesco.

In questi giorni tristi, forse degli occhi ucraini e degli occhi russi si sono guardati smarriti, chiedendosi perché o per chi dovessero farsi del male a vicenda. La pace non ha bandiere. Da cristiani impetriamo il dono della pace, dono di “umanità” autentica, da uomini e donne percorriamo le vie della pace con i fratelli di ogni nazionalità, cultura, religione.

A Palermo, venerdì 4 marzo alle 21.00, sul sagrato della Cattedrale saremo insieme al nostro Arcivescovo, don Corrado Lorefice, per camminare insieme sulla via evangelica e umana della comunione e del dialogo, chiederemo il dono della pace certi che è un cammino che si fa insieme.

Messaggio di mons. Corrado Lorefice - chiesadipalermo.it

Papa Francesco in videochiamata con gli universitari

Costruire ponti: incontri sinodali dei giovani universitari con Papa Francesco

Un incontro sinodale molto speciale quello vissuto dagli studenti della Loyola University del nord, centro e sud America con Papa Francesco.

Il Papa si è unito all’incontro virtuale organizzato dall’Università in collaborazione con la Pontificia Commissione per l’America latina, gli studenti, divisi in gruppo, hanno condiviso le esperienze e riflessioni, le loro idee, hanno fatto anche delle domande, intanto che Papa Francesco prendeva i suoi appunti.

Una iniziativa molto bella, la possibilità di un confronto che mira a costruire ponti incontri pacifici e costruttivi. Vari i temi affrontati: l’ecologia, le migrazioni, il lavoro, l’integrazione, ma anche la vicinanza dei pastori, l’importanza dei progetti educativi...

Uno scambio quasi familiare che ha lanciato tanti spunti e soprattutto ha mostrato la bellezza di pensare insieme, di accompagnarsi vicendevolmente nel cammino.

Un buon pastore cammina con noi... ora in mezzo, ora davanti, ora dietro al gregge. Grazie papa Francesco!

 

Intervista a mons. Corrado Lorefice e Milena Libutti su TeleOne

Ecco l'intervista integrale di Gabriella Ricotta a Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo e Milena Libutti, Referente diocesana per il Sinodo.

Casetta di cartone - consultazioni sinodali bambini

IL SINODO VISTO DAI BAMBINI

C’è chi vorrebbe una chiesa parrocchiale più grande e chi sogna che una Messa più animata,  magari in cui si balla. Ci sono ragazzi che si chiedono perché i preti non possano sposarsi e altri che si interrogano sul sacerdozio delle donne. Sono solo alcune delle risposte fornite da  bambini e ragazzi che frequentano il percorso di catechesi in preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima, nell’ambito della consultazione sinodale avviata nella nostra parrocchia. Già, perché, in attesa di dare il via alla consultazione degli adulti, nella nostra comunità il Sinodo è stato tenuto a battesimo proprio dai più giovani. Non una trovata originale, a dire il vero. Ci aveva già pensato Gesù a mettere al centro i piccoli, mentre tutti tendevano ad escluderli. Al tempo di Gesù, infatti, i bambini erano, assieme ad altre categorie, ai margini della società, non riconosciuti come titolari di diritti. Gesù sovverte i valori e le gerarchie e li pone a modello per tutti: “A chi è come è loro appartiene il regno dei cieli” (Mt 19,14), dirà ai discepoli che, figli della cultura del tempo, sgridavano i bambini perché non si avvicinassero al Maestro. Anche altre volte nei Vangeli Gesù parlerà dei piccoli, riferendosi non solo a chi piccolo lo è dal punto di vista anagrafico, ma a quanti sanno accogliere il Regno di Dio con la semplicità e la gratitudine meravigliata dei bambini. Anche noi, quindi, sulle orme del nostro Signore, abbiamo voluto mettere al centro i più piccoli. E loro hanno saputo ancora una volta dare prova della loro preziosa genuinità. A tutti, durante gli incontri di catechesi, sono state somministrate delle schede contenenti tre domande che avevano lo scopo di capire come vedono la Chiesa e come la vorrebbero. Concetti che hanno anche rappresentato graficamente con un disegno.
“La Chiesa è fatta da persone. Chi sono?”. Le risposte alla prima domanda sono state varie. In qualche caso la Chiesa è stata indentificata con Gesù e Maria, altre volte con il Papa, altre volte ancora è stata ristretta alla propria cerchia familiare, oppure ai soli bambini. In molti casi la Chiesa è stata riconosciuta nei sacerdoti, nei lettori e in tutti gli “attori” della celebrazione eucaristica (lettori, coro, ministranti, etc…), oltreché nei catechisti. Per qualcun altro, poi, la Chiesa è composta da tutti i battezzati.
“Che non mi piace o che cosa non capisco della Chiesa?”. Nel rispondere a questa domanda molti bambini e ragazzi si sono concentrati ora sulla Messa, ora sull’edificio, individuando aspetti della liturgia o parti della chiesa non in linea con i loro gusti. Qualcuno ha detto di annoiarsi per le celebrazioni troppo lunghe o per le preghiere giudicate noiose. C’è poi chi non comprende il motivo per cui ci si deve alzare in piedi durante la Messa, perché ci sono dei momenti di silenzio e chi stenta a capire le letture. I dubbi non hanno risparmiato neppure i paramenti liturgici. Perché, ad esempio, il prete quando c’è la Messa cambia sempre il colore del vestito? Le perplessità hanno toccato anche le annose questioni legate al celibato dei sacerdoti e del sacerdozio femminile. Temi assai controversi, questi, destinati ad animare anche il confronto tra i “grandi”. Non sono mancate, come detto, le obiezioni alla parte strutturale della chiesa. Le perplessità dei piccoli hanno toccato ora le sedie  (“scomode”), ora le colonne (“non si vede niente”), quindi le luci e perfino i fiori (“sono allergico”). E poi, perché le candele si accendono con i soldi? Alcuni bambini non hanno mancato di tirare le orecchie ai grandi sul comportamento che tengono durante le celebrazioni: il rumore dei telefonini in chiesa è insopportabile. Impossibile dare loro torto.
Merita una menzione speciale, infine, il bambino che non comprende cosa siano le casette presenti in chiesa. Di cosa si tratta? Ma del confessionale, ovviamente! 
“Come vorrei che fosse la Chiesa? Che cosa cambierei?”. Alcune risposte hanno riguardato la liturgia. Alcuni, ad esempio, vorrebbero che l’omelia fosse più breve, altri che si ballasse durante i canti e altri ancora vorrebbero mangiare al termine della Messa. In generale è emerso il desiderio di celebrazioni più gioiose e divertenti, a misura di bambino.
Anche le aule del catechismo sono state prese in considerazione. Qualcuno vorrebbe averla al piano terra, in modo da evitare le scale, altri vorrebbe svolgere delle attività e fare delle recite. Le risposte più suggestive e fantasiose hanno interessato la parte strutturale della chiesa. Alcuni hanno chiesto un edificio più grande, più luminoso, più colorato, con più verde esterno e “a forma di Gesù”. C’è anche, però, chi ha sognato un’architettura da favola: una chiesa di cioccolato e zucchero filato, piena di dolci e con un grande arcobaleno. E, se sogno deve essere, non si può non pensare a una chiesa con un parco giochi al suo interno.
Ad onor del vero vi è stato anche chi ha detto di non volere cambiare nulla, di comprendere tutto, di amare
la Chiesa come la conosciamo, “perché così l’ha voluta Dio”. Una cosa, però, sognano questi ragazzi: che a
Messa sia presente tutto il Popolo di Dio; che il tempo trascorso in Chiesa possa rendere le persone più contente, capaci di aiutarsi vicendevolmente e di volersi bene. Il sogno dei piccoli, del resto, non è lo stesso sogno di Dio? È proprio vero, allora, quanto ha detto Gesù: a chi è come loro appartiene il regno dei cieli. 


Luca Insalaco
(Con la preziosa collaborazione dei catechisti e degli educatori ACR della parrocchia Spirito Santo - Palermo)

fonte: Il sicomoro

 

 

Intervista a mons. Corrado Lorefice e Milena Libutti per l'emittente televisiva TeleOne

Mercoledì 9 febbraio alle 20.40 sul 19 TeleOne, appuntamento con 19live Plus, tema della puntata: "Chiesa: entra nel vivo il Sinodo voluto da Papa Francesco". Interverranno Corrado Lorefice Arcivescovo di Palermo e Milena Libutti referente diocesana per il Sinodo della Diocesi di Palermo. Conduce in studio GabriellaRicotta. Sarà possibile seguire la puntata anche in streaming su Teleone.it, sull'App teleone e questa pagina Facebook

Per dare la possibilità a più persone di seguire l'intervento del nostro Arcivescovo e di Milena Libutti sul Sinodo, teleone ha deciso di anticipare la messa in onda  e di programmare diverse repliche anche nelle fasce di maggiore ascolto del Sabato e della Domenica.

Di seguito le date e gli orari
Sabato 5.2.21: alle 11.45 - 16.00 - 00.30
Domenica 6.2.21: alle 8.30 - 11.45 - 16.00 - 00.30. Rimane comunque confermata anche per Mercoledì 9 ore 20,40. 

 

Il Sinodo di una Chiesa che cammina per coinvolgere tutti, nessuno escluso: l’intervento dell’Arcivescovo e di Don Giuseppe Vagnarelli a TV2000

L’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice e Don Giuseppe Vagnarelli, referente per il Cammino sinodale e Direttore dell’Ufficio Pastorale, ospiti a “In Cammino” su TV2000 con la conduzione di Enrico Selleri. “Prigionieri del passato e delle abitudini di sempre, rischiamo di dimenticare che anche questo tempo è stato riscattato dalla Pasqua di Cristo… e che in esso bisogna discernere i segni del nuovo” (Mons. Corrado Lorefice, Lettera per l’avvio del cammino sinodale della Chiesa di Palermo)
 

Un passaggio della Lettera alla Chiesa di Palermo del nostro Arcivescovo ha aperto la puntata di “In Cammino” condotta da Enrico Selleri su TV2000, una puntata che ha fatto il “punto della strada” che la nostra chiesa sta percorrendo in questo momento. In studio don Giuseppe Vagnarelli, Direttore dell’Ufficio Pastorale e referente per il Sinodo.

«Non dobbiamo avere paura di stare dentro la complessità di questo tempo e dobbiamo coltivare la speranza  – ha sottolineato Mons. Corrado Lorefice – perché se il tempo è complesso e ci chiede di ripensare e rivedere il nostro cammino, tutto questo lo dobbiamo saper affrontare sapendo che la storia stessa è già stata trasfigurata dalla Pasqua di Cristo; le difficoltà quindi non prendono il sopravvento, le complessità non ci impediscono di poter discernere i segni di questa Pasqua che restano dentro la storia umana. Per questo motivo posso dire alla nostra chiesa e a tutte le chiese di non aver paura di poter discernere insieme: il Sinodo ci fa stare insieme per poter capire i segni della presenza del Risorto dentro questa storia».

Enrico Selleri ha quindi chiesto quali sono, in questa fase di emergenza non solo sanitaria, i problemi che maggiormente interpellano la chiesa di Palermo e che sono argomento di discussione in questa fase di cammino sinodale: «Questo Sinodo ci chiede di stare dentro la concretezza della vita e delle nostre comunità – ha proseguito l’Arcivescovo – con attenzione ai gemiti di sofferenza e alle conseguenze sanitarie della pandemia (ma anche quelle sociali ed economiche che aggravano una situazione di pregressa sofferenza del Mezzogiorno del nostro Paese. Proprio per questo il Sinodo ci permetterà di non fare discorsi astratti ma di ascoltare i corpi e le vite della nostra gente, le diverse esperienze, le gioie e i dolori: per questi motivi potremo capire meglio come essere una chiesa prossima, fraterna, in comunione, una chiesa che ha la capacità di assumere la corresponsabilità battesimale e dunque una chiesa in grado di annunciare un Vangelo che arrivi alla vita della gente. Una chiesa missionaria».

Per don Giuseppe Vagnarelli le diverse componenti della chiesa di Palermo sono in effetti già in cammino da diverso tempo: «Insieme all’Arcivescovo, al Consiglio presbiterale e al Consiglio pastorale diocesano l’avvio del cammino sinodale lo si è preparato prima della scorsa estate. Dallo scorso mese di settembre sino alla fine di novembre si è realizzata una fase di sensibilizzazione insieme a un’equipe di tredici persone (oltre a me e a Milena Libutti) che ha pensato come coinvolgere tutte le realtà della nostra chiesa e della nostra società. Ad oggi, così come è possibile vedere all’interno del sito web appositamente dedicato a questo cammino, siamo riusciti a coinvolgere circa 700 facilitatori che animeranno i gruppi sinodali; alcune realtà e alcune parrocchie ancora non hanno “preso il passo”, per questo motivo, ad esempio, continuiamo ad incontrare tutti i parroci e i responsabili delle diverse realtà per dire a tutti che non è mai troppo tardi per cominciare a mettersi in cammino».

fonte: chiesadipalermo.it

Qui puoi rivedere la trasmissione ☟

sacerdoti sesto vicariato Palermo

Incontro dei sacerdoti del Sesto Vicariato -1 febbraio 2022

Oggi i sacerdoti del Sesto Vicariato si sono incontrati a Ventimiglia di Sicilia per una mattinata all'insegna della riflessione sul cammino sinodale diocesano. È stato invitato p. Riccardo Garzari, membro dell'equipe sinodale e referente per il sesto vicariato.
L'incontro svoltosi in stile sinodale, è stato diviso nelle due parti che sono suggerite come metodologia: una prima parte dedicata al mettersi in preghiera di fronte al Signore per ascoltare Lui, e una seconda parte per ascoltarsi l'un l'altro, sapendo che il Signore è presente dove o tre sono riuniti nel Suo nome.
Dopo una introduzione del vicario don Lillo D'Ugo, parroco di Belmonte Mezzagno, tutti insieme si è pregata l'Ora Terza, guidata da don Matteo Ingrassia, parroco di Marineo, e con l'accompagnamento all'organo di don Mario Cassata, parroco storico di Lercara Friddi.
Di seguito una meditazione di p Riccardo sul tema "Sacerdoti in cammino, in cammino con Cristo". Al termine, esposizione del Santissimo Sacramento, breve adorazione eucaristica e benedizione ai presenti da parte del parroco di Ventimiglia, don Gaetano Pravatà.
La seconda parte dell'incontro è stato uno scambio di visioni e di delucidazioni sulle parti pratiche e operative del cammino sinodale nelle parrocchie. È stato un bello scambio di idee, dove quasi tutti hanno potuto dire la loro, ma soprattutto dove tutti hanno fatto esercizio di ascoltare ogni punto di vista accettando pure le inevitabili divergenze. Presenti 16 sacerdoti.
Il tutto è finito, per chi ha potuto fermarsi, in un bel pranzo insieme, segno di cordialità e convivialità sacerdotale (nella foto chi si è fermato a pranzo).

Religiosi accendono cero - giornata della vita consacrata

Giornata per la vita consacrata: chiamati a diventare una Chiesa sinodale

In una lettera per la XXVI Giornata Mondiale della vita consacrata, il cardinale João Braz de Aviz e monsignor José Rodríguez Carballo esortano a riflettere sulla parola “partecipazione” collegata al cammino sinodale da poco intrapreso

La Giornata per la vita consacrata, che culminerà il 2 febbraio con la celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro, sarà “un'opportunità d'incontro segnato dalla fedeltà di Dio che si manifesta nella perseveranza gioiosa di tanti uomini e donne, consacrate e consacrati”. È quanto scrivono, in una lettera, il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e il segretario del dicastero, monsignor José Rodríguez Carballo.

Partecipare al “viaggio” della Chiesa sulla sinodalità

Nel documento si sottolinea che il cammino sinodale, da poco intrapreso e incentrato sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, interpella ogni comunità vocazionale "nel suo essere espressione visibile di una comunione d’amore”. Riflettendo sulla parola “partecipazione”, il cardinale João Braz de Aviz e monsignor José Rodríguez Carballo invitano a chiedersi: “chi sono le sorelle, i fratelli che ascoltiamo e, prima ancora, perché li ascoltiamo?”. “Una domanda - scrivono - che siamo chiamati a farci tutte e tutti, perché non possiamo dirci comunità vocazionale e ancor meno comunità di vita, se manca la partecipazione di qualcuna o di qualcuno”. L’invito è quello di entrare in nel “viaggio” di tutta la Chiesa sulla sinodalità, “con la ricchezza dei carismi e d nostre vite, senza nascondere fatiche e ferite”. “La partecipazione diventa allora responsabilità: non possiamo mancare, non possiamo non essere tra gli altri e con gli altri, mai e ancor più in questa chiamata a diventare una Chiesa sinodale”.

Partecipazione e corresponsabilità

L’ascolto, scrivono infine il prefetto e il segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, significa “fare posto all'altro nella nostra vita, prendendo sul serio quello che per lui e importante”. “La partecipazione assume cosi lo stile di una corresponsabilità da riferirsi prima ancora che alla organizzazione e funzionamento della Chiesa, alla sua stessa natura, la comunione, e al suo senso ultimo: il sogno missionario di arrivare a tutti, di avere cura di tutti, di sentirsi tutti fratelli e sorelle, insieme nella vita e nella storia, che è storia di salvezza”.

fonte: vaticannews.va

 

Camminare insieme alla luce della Parola di Dio

L’associazione Istituzione Teresiana ha programmato nella sede di Palermo un cammino mensile di lettura della Parola, per vivere insieme il Sinodo, guidato da Padre Sergio Catalano O.P., che illumini in profondità il senso della sinodalità. 
 
Lo Spirito di Dio che illumina e vivifica questo “camminare insieme” delle Chiese è lo stesso che opera nella missione di Gesù, promesso agli Apostoli e alle generazioni dei discepoli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica.
È lo Spirito che guida i credenti «a tutta la verità» (Gv 16,13). Per la sua opera, «la Tradizione che viene dagli Apostoli progredisce nella Chiesa», perché tutto il Popolo santo di Dio cresce nella comprensione e nell’esperienza «tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda
esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV, n. 8).
Nel primo millennio, “camminare insieme”, è stato il modo di procedere abituale della Chiesa compresa
come «Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Anche nel secondo millennio, quando la Chiesa ha maggiormente sottolineato la funzione gerarchica, non è venuto meno questo modo di procedere: infatti, quando si è trattato di definire delle verità dogmatiche i papi hanno voluto consultare i Vescovi per conoscere la fede di tutta la Chiesa, facendo ricorso all’autorità del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio, che è «infallibile “in credendo”» (EG, n. 119). A questo dinamismo della Tradizione si è
ancorato il Concilio Vaticano II. Esso mette in rilievo che «è piaciuto a Dio di santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame tra di loro, ma ha voluto costituirli in un popolo che lo riconoscesse nella verità e lo servisse nella santità» (LG, n. 9). Il Concilio ha sottolineato come, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo ricevuta nel Battesimo, la totalità dei Fedeli «non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà peculiare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando “dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici”, esprime l'universale suo consenso in materia di fede e di morale» (LG, n. 12). L’esperienza sinodale del camminare insieme, alla sequela del Signore e nell’obbedienza allo Spirito, riceve una ispirazione decisiva dalla meditazione della Rivelazione. In questo orizzonte si collocano i nostri incontri mensili:
 
12 gennaio ore 19.00
09 febbraio ore 19.00
09 marzo ore 19.00
20 aprile ore 19.00
11 maggio ore 19.00
 

Su tuttavia.eu si parla di cammino sinodale con Vincenzo Ceruso

Il cammino sinodale è un'occasione per saggiare a che punto sta il cammino della Chiesa italiana? Come si confronta questo cammino con i rischi di intellettualismo o di formalismo che le nostre comunità possono correre? Perché è importante che tutto il popolo di Dio dia il proprio contributo? 

Queste e altre le domande poste da Rocco Gumina a Vincenzo Ceruso. Clicca qui per leggere l'intervista.

Anteprima Milena Libutti TV2000

IL SITO RACCONTATO A TV 2000

Dal 12 ottobre TV2000 offre un “appuntamento quotidiano col sinodo”. Dal martedì al venerdì, alle 19.30 Enrico Selleri racconta i percorsi sinodali della Chiesa italiana, attraverso la vita delle sue realtà diocesane, parrocchiali, come di movimenti, associazioni, istituti di vita consacrata...

Nella puntata del 14 gennaio, Milena, in brevissimo tempo, ha presentato il sito camminosinodaplermo.it come strumento di formazione e informazione a supporto del cammino diocesano della nostra Arcidiocesi.

Clicca qui per vedere il video.

 

Prende il via il Cammino Sinodale anche per l’Azione Cattolica di Palermo.

Lo scorso 7 gennaio dalle 15.30 alle 18.30 si è svolta la formazione dei Facilitatori per il Sinodo a cura dell’Equipe diocesana del sinodo. Per ragioni di capienza dello spazio virtuale non tutti siamo riusciti ad accedere ed allora abbiamo pensato di recuperare questo momento così importante con un incontro che ci permettesse comunque di riprendere i contenuti e i materiali presentati e messi a disposizione dei facilitatori sul sito diocesano www.camminosinodalepalermo.it.

Tale incontro si è svolto, sempre in modalità online, domenica 9 gennaio dalle 19 alle 20.30 grazie alla disponibilità di Milena Libutti, Referente diocesana del sinodo, e di Antonella Tirrito, membro dell’equipe diocesana, con la partecipazione di quasi tutti i facilitatori segnalati dall’Azione Cattolica della nostra diocesi.

L’incontro è iniziato con la preghiera dell’Adsumus e dopo i saluti è stata data la parola a Milena che con molta competenza e semplicità ha presentato il significato del Sinodo, e le peculiarità di questo sinodo in particolare e le diverse tappe che lo costituiranno. È stata sottolineata l’importanza del compiere INSIEME il cammino sinodale e l’importanza di dare spazio all’ASCOLTO dell’altro e dello Spirito Santo.

Nel corso dell’incontro abbiamo potuto guardare gli strumenti e i documenti a disposizione dei Facilitatori: il Documento preparatorio, il Vademecum sulla sinodalità e le Schede per la consultazione che in filigrana accompagneranno tutte le fasi della consultazione e tutti i gruppi sinodali. E’ stata presentata la figura del facilitatore, le metodologie della consultazione e ci è stato presentato il sito del Sinodo della nostra diocesi che è pensato come uno strumento in cui reperire materiali e trovare momenti di scambio con le realtà della diocesi sul percorso sinodale.

C’è stato il tempo anche per un dibattito e l’incontro si è concluso con la messa in luce degli ambiti della vita associativa a cui i 16 facilitatori segnalati dall’Azione Cattolica saranno destinati. Ci occuperemo di costituire i gruppi sinodali a partire dai nostri soci e simpatizzanti, adulti, giovani e ragazzi, gruppi parrocchiali e interparrocchiali, si attiveranno gruppi sinodali nelle realtà che vedono la nostra AC diocesana impegnata sul territorio cercando di raggiungere quante più persone sarà possibile.

Abbiamo affidato il nostro servizio alla beata vergine Maria, affinché ci sostenga in questo cammino che si presenta impegnativo ma allo stesso tempo entusiasmante con il desiderio di fare del bene alle persone che incontreremo e a noi stessi.

Giuseppe Bellanti

Presidente diocesano Azione Cattolica

 

INCONTRO DEI FACILITATORI: IL CAMMINO SINODALE PROSEGUE

Venerdì 7 gennaio si è tenuto il primo appuntamento di formazione dei facilitatori, cioè di quanti avranno il compito di coordinare gli incontri sinodali che si terranno nella nostra Diocesi. È stata un’altra importante tappa del percorso sinodale diocesano, iniziato ufficialmente il 17 ottobre 2021 con la liturgia in Cattedrale.

I lavori sono stati preceduti da un intervento del nostro arcivescovo, don Corrado Lorefice, che ci ha ricordato come il sinodo sia essenzialmente “una strada da percorrere insieme”. Alcuni membri dell’Equipe sinodale hanno successivamente illustrato il compito dialogico a cui sono chiamati i facilitatori e i materiali che sono stati predisposti per aiutare ciascuno nel proprio compito. Inoltre, è stato presentato il sito in cui, tra l’altro, sarà possibile avere accesso agli attrezzi di lavoro (testi, immagini, video, riferimenti al Magistero, ecc…) messi a disposizione di ogni facilitatore.  All’incontro hanno partecipato centinaia di persone indicate dai parroci, oltre a rappresentanti delle associazioni, delle comunità e dei movimenti religiosi. A causa dell’aumento dei contagi da Covid 19, è stato scelto di convocare tutti in modalità a distanza e molti non hanno potuto partecipare per un problema di capienza dello spazio virtuale, ma potranno recuperare attraverso i video caricati sul sito. E’ stato bello rendersi conto che i tanti che non sono riusciti ad accedere sono riusciti ad organizzare dirette facebook e chiamate su meet per condividere schermi e moltiplicare le presenze all’incontro. Al di là dei problemi tecnici che possono presentarsi in questo tempo difficile, i facilitatori individuati dalle comunità hanno dimostrato un grande entusiasmo nell’avvio del cammino sinodale, che si è manifestato non solo nella partecipazione all’intero pomeriggio di lavori, ma anche nelle domande puntuali che sono state proposte in chat. I tanti dubbi che sono stati espressi su come si dovranno svolgere gli incontri sinodali verranno chiariti strada facendo, con il sostegno di tutta l’Equipe diocesana (presto apparirà sul sito una sezione FAQ, per rispondere alle domande poste da ciascuno). Soprattutto, ogni domanda troverà risposta attraverso la concretezza del cammino, la cui realizzazione non dipenderà tanto dall’efficienza dell’organizzazione, quanto dal prevalere della profezia sulle abitudini, dalla fedeltà alla Parola contro ogni autoreferenzialità e dalla libertà che lasceremo allo Spirito rispetto ai nostri schemi precostituiti.

Continuiamo a camminare insieme come Popolo di Dio.

Buon proseguimento del cammino sinodale a tutti ed a ciascuno in particolare! 

 

Fasi del cammino sinodale - Video della CEI

Parrocchia Maria SS del Perpetuo Soccorso - Assemblea Parrocchiale

Continuano gli appuntamenti che stanno scandendo il cammino sinodale sul territorio dell'Arcidiocesi di Palermo.  Giovedì 13 gennaio alle ore 21, presso la Parrocchia Maria SS. del Perpetuo Soccorso,, si svolgerà l'Assemblea pastorale parrocchiale; a relazionare sarà il prof. Giuseppe Savagnone.

Locandina: assemblea pastorale parrocchiale

Persone - Associazioni per iniziative di beneficienza

Associazioni insieme nel servizio concreto

PER SANTA LUCIA L’IMPEGNO E LA SOLIDARIETÀ “SI VEDONO”

Si è costituita nei mesi scorsi una rete di associazioni, con il fine di realizzare un percorso comune a supporto delle famiglie dello Zen e composta dai seguenti soggetti: Associazione Lievito Onlus, Associazione Medici Cattolici, Associazione mutilati ed invalidi civili, A.V.U.L.S.S, Banco Farmaceutico, Banco Alimentare, Erripa Achille Grandi, Gruppi di Volontariato Vincenziano, Laboratorio ZEN Insieme. Tutte queste realtà sono sostenute dal CeSVoP, dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, dall’Ufficio diocesano di Pastorale della Salute, dall’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro e dalla parrocchia di San Filippo Neri.

Dopo aver fatto avere, nei mesi scorsi, viveri di prima necessità e materiale sanitario, negli ultimi giorni, quelli che hanno preceduto la festività di Santa Lucia, grazie all’ottica Focus di Via Sciuti, è stato – ed è ancora – possibile donare occhiali e lenti da vista per i bambini di alcune famiglie, a seguito delle visite realizzate da medici oculisti volontari. Si conclude quindi una prima fase di azione solidale a supporto del territorio, grazie al coinvolgimento di realtà diverse, tutte impegnate nel servizio al bene comune.

fonte: stampa.arcidiocesi.palermo.it

Assemblea Sinodale Papa - fonte Vatican News

Intervista di Vatican News al teologo Piero Coda

"Ribadisco che il Sinodo non è un parlamento, non è un’indagine sulle opinioni”, ha affermato Papa Francesco nell’Aula Nuova del Sinodo sabato 9 ottobre, nel suo discorso nel Momento di riflessione che ha preceduto l'apertura del Sinodo 2021-2023, dedicato al tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Lo stesso concetto è stato ribadito dal Pontefice l’indomani, domenica 10 ottobre, nell’omelia della Santa Messa che ha aperto il Sinodo sulla Sinodalità. Non deve essere una “convention” ecclesiale, un “convegno di studi” o un “congresso politico”, ha aggiunto Francesco, per sottolineare come si tratti di un evento di grazia, un “processo di guarigione condotto dallo Spirito”. Secondo monsignor Piero Coda, membro della Commissione teologica del Sinodo, e recentemente nominato segretario generale della Commissione teologica internazionale, le parole del Papa chiariscono come insistere sulla sinodalità, sulla partecipazione: “non sia una scelta di democratizzazione” ma “una questione di identità profonda”. Per il teologo, docente all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano, quello appena inaugurato in Vaticano è “l'avvenimento ecclesiale più importante dopo il Concilio Vaticano II”. “Per la prima volta in duemila anni di storia della Chiesa - spiega in questa intervista - un Sinodo è chiamato a coinvolgere tutto Popolo di Dio”. 

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Secondo incontro online con i referenti diocesani del Cammino sinodale

Si è tenuto giovedì 9 dicembre, alle 20.30, sulla piattaforma Zoom il secondo webinar per i referenti diocesani del Cammino sinodale. L’incontro è stato l’occasione per approfondire alcune questioni aperte e per rispondere ai quesiti sulle modalità operative. Hanno partecipato Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi e Vice Presidente della CEI; Mons. Valentino Bulgarelli, Direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale e Sottosegretario della CEI; padre Giacomo Costa, Direttore di Aggiornamenti Sociali e consultore della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi; Pierpaolo Triani, Docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Giuseppina De Simone, Docente alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Sez. San Luigi Napoli; Vincenzo Corrado, Direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.

“Sullo sfondo – ha ricordato mons. Castellucci – rimane sempre la domanda fondamentale proposta dal Sinodo dei Vescovi: ‘Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel ‘camminare insieme’ che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?’. È un interrogativo che sta facendo emergere tante esperienze che testimoniano la vitalità dei territori e la bellezza di un ascolto che non è disincanto ma incarnazione della Parola nella storia”.

fonte: camminosinodale.chiesacattolica.it/

Consigli pastorali in cammino insieme - VI zona del III Vicariato

Lettera IV zona pastorale - III Vicariato Palermo - Sinodo

Sussidio per l'Adorazione eucaristica scaricabile Download 

don orione Palermo

Incontro di formazione sul Sinodo - parrocchia Madonna della Provvidenza

Incontro di formazione sul Sinodo per la II zona pastorale del sesto vicariato presso la parrocchia Madonna della Provvidenza a cura di Pietro Piro 

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